In un’intervista al “Corriere della Sera”, Max Cavallari racconta come la presenza di Bruno Arena si faccia ancora sentire attraverso di lui. Il pubblico, dice, accorre ai suoi spettacoli per ritrovare i vecchi personaggi del duo:

“Dopo il grave malore di Bruno volevo smettere, ma quando andavo a trovarlo mi faceva capire che dovevo continuare. Gli amici sono scappati, i parenti anche, tranne i genitori. I fan mi hanno invece telefonato: sulla loro spinta ho ricominciato. Bruno è come se ci fosse ancora, tant’è che sono Max Cavallari dei Fichi d’India”

Tra le battute più iconiche del suo ci sono alcuni tormentoni:

“Come “ahrarara” o “tichi tic”: con quelle due battute mi sono fatto la casa. Ahrarara nasce da Sergio Baracco, che vendeva gioielli e aveva la erre moscia, ci ha incantato, così anche noi facevamo i commercianti di pseudo pietre preziose: una volta Bruno andò all’ospedale perché si era messo un topazio finto nel naso e non riusciva a toglierlo”

Sul panorama comico contemporaneo, Max è critico: ritiene che oggi ci siano pochi talenti veri e che far ridere sia diventato molto più difficile:

“La gente è tutta inca**ata, mentre una volta bastava poco per divertirsi”.

Anche su Zelig ha parole amare:

“Il programma è sempre una fucina di talenti? No, quello che doveva dare, l’ha dato. Poi lì sono successe delle cose gravi nei confronti di Bruno, un giorno racconterò”