Il film

Nel 1991, Brandon Lee e Dolph Lundgren erano l’improbabile coppia di protagonisti di un buddy movie poliziesco divertente e veloce, perfetto ricettacolo di tutti gli stilemi del genere. Resa dei conti a Little Tokyo (Showdown in Little Tokyo), diretto da Mark L. Lester.

La trama

A Los Angeles si è insidiata la Yakuza guidata dal truce Yoshida. Tra i suoi nemici spiccano due poliziotti, Chris Kenner, un americano cresciuto in Giappone, di cui ha assimilato lingua e costumi, e Johnny Murata, un nippo-americano cresciuto in California. Entrambi sono esperti di arti marziali. Yoshida costringe l’affascinante cantante del locale “Bonsai” Minako Okeya a stare ai suoi ordini. Kenner riesce a salvarla e la porta nella sua casa di campagna, dove i due si innamorano. Ma i banditi li sorprendono e dopo una violentissima sparatoria, li catturano, portandoli in un deposito di auto, sottoponendoli alla tortura. A quel punto la lotta contro il crimine diventa una battaglia molto personale che i due protagonisti dovranno vincere a tutti i costi.

I due protagonisti

Il biondo e pompatissimo Dolph Lundgren, interpreta il ruolo del poliziotto tutto d’un pezzo Chris Kenner, mentre l’impacciato Brandon Lee – al primo ruolo hollywoodiano, sotto contratto con la Warner Bros. – interpreta il suo saggio partner giapponese-americano Johnny Murata. Un’accoppiata sufficientemente improbabile da suscitare immediata curiosità.

Brandon nel film sorprende (positivamente) a causa della ottima verve comica capace di rubare la scena, e della sua eccezionale intesa col collega svedese che però in realtà non ci fu fuori dal set.

Durante la promozione del film, negli anni ’90 Lundgren disse: “Non conoscevo suo padre quindi non so confrontare le personalità, ma credo che Brandon sia una persona del tutto diversa. Non si presenta come “il figlio di Bruce Lee”. Inoltre sta cercando di imporsi senza usare la reputazione del padre, e questo significa lavorare molto più duro del normale.”

Ma dopo il film, nonché Lundgren e Lee sembrino affiatati nella pellicola, in realtà nutrivano antipatie reciproche. Soprattutto pare che l’attore svedese detestasse il collega per la sua «insopportabile arroganza e le pose da fichetto», citando Wikipedia.

Ovviamente poi Dolph, dopo la morte di Brandon, non ne parlò più utilizzando questi toni.