Intervistata dal “Corriere della Sera”, Rita Rusic racconta l’inizio della sua vita in Italia. Non certo una favola. Certe cose purtroppo non si dimenticano:
“Dormivo su un materasso macchiato, una sola stanza per tutta la famiglia. C’era anche gente malvagia, alcune donne si prostituivano. I campi erano circondati dal filo spinato. Mia sorella grande, Lierka, piangeva tutto il tempo, voleva tornare indietro. Io da qui non mi muovo, dissi”.
Da lì il collegio obbligatorio per volontà del Governo italiano:
“Entrai a 8 anni e ne uscii a 15. Poi ci assegnarono una casa a Busto Arsizio, ma volevo andare a Milano. Mi iscrissi a una scuola di odontotecnica e cominciai a fare la modella. Anni dopo in un ristorante conobbi l’assistente di Celentano, cercavano un giovane volto per il film Asso. Il produttore era Vittorio Cecchi Gori. Lì lo conobbi. Avevo 20 anni, siamo stati insieme per quasi 19…”.
Di lui ricorda anche la sua gelosia:
“Ero troppo stupida per ribellarmi. Non potevo andare da nessuna parte da sola, nemmeno in palestra, e non voleva che facessi l’attrice o la cantante”
E poi la crisi con Vittorio Cecchi Gori:
“La crisi fu figlia delle sue insicurezze. Ricordo l’ambasciatore francese che, dopo il trionfo de Il ciclone di Pieraccioni, gli disse: cosa prova il maestro quando viene superato dall’allieva? Vittorio si rabbuiò. La crisi dipese anche dall’enorme successo. Lui non resse, non seppe gestirlo…”.
Finì male. Molto male:
“La nostra separazione diventò La Guerra dei Roses. Mi fecero terra bruciata, mi tolsero perfino il voto ai David di Donatello. Punita perché donna, giovane, bella. Oggi non sarebbe successo. Mi isolai, trasferendomi per 10 anni in USA”.
Anche il cinema le voltò le spalle:
“Leonardo Pieraccioni, che ho scoperto io e Vittorio mi diceva lascia stare quel bischero, mi disse: non posso più vederti sennò non lavoro più col gruppo Cecchi Gori. Lo stesso Panariello. Il cinema è così. Con Salemme però siamo rimasti amici, è un uomo molto sensibile”.
Commenti recenti