Ospite della festa di Atreju, durante il panel “Non con la mia faccia. Depp fake, web reputation e odio social”, Raoul Bova, che negli ultimi mesi si è stato al centro di un vortice mediatico, si è lasciato andare a un duro sfogo:

“Mi sono sentito molto solo, quel video nè la polizia, nè giudici nè la stampa hanno tenuto conto che quegli audio erano già un reato. Nessuno ha detto ‘è un reato’. Cosa ho fatto di così grave? Sicuramente ho sbagliato, fatto errori, me ne pento ma una persona singola che aveva in mano degli audio privati li ha usati a scopo di lucro, monetizzando, diffamando, cercando consenso, per aumentare il bacino di follower dimenticando cosa andava a fare: accrescere la popolarità uccidendo una persona pubblicamente”

Il riferimento è agli audio dell’estate scorsa (diffusi illecitamente) in cui Bova si rivolgeva a una donna (Martina Ceretti) con parole affettuose:

“Mi hanno chiesto dei soldi. Ho riascoltato le chat e i vocali e ho capito che non c’era motivo di cedere. E poi: se cedo una volta, cosa succede dopo? Così ho deciso di non accettare. Sono stato sbeffeggiato, deriso, reso virale per la mia frase ‘occhi spaccanti’. Questa è stata l’Italia che mi ha massacrato. Viviamo in una società che sembra aver bisogno di vedere crollare qualcuno per sentirsi migliore: distruggiamo, attacchiamo, e così ci sentiamo vivi. È una società malata”

Poi, ai microfoni del Corriere, ha aggiunto:

“Devo dire che moltissime persone mi sono state vicine, compresa la mia famiglia e i miei figli. Anche i miei amici… ma altri no, hanno preso le distanze perché si diventa a volte come un appestato. Mi domando come può fare chi non ha solidità e persone accanto, molte persone si sono suicidate perché non hanno retto alla diffamazione così grande”.