Compie 30 anni il film Alive Sopravvissuti, ispirata all’incidente aereo avvenuto sulla Cordigliera delle Ande, nel territorio del comune argentino di Malargüe, il 13 ottobre 1972 e ai drammatici avvenimenti che ne conseguirono, conclusi con il salvataggio dei sopravvissuti entro la vigilia di Natale dello stesso anno. Nell’incidente e nelle settimane seguenti persero la vita 29 persone e ne sopravvissero 16.

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LA STORIA VERA

L’incidente avvenne alle tre e mezza di pomeriggio del 13 ottobre 1972. L’aereo sul quale viaggiavano, un Fairchild F-227 dell’aviazione uruguayana che doveva portarli a Santiago del Cile per una partita di rugby, precipita, per un errore del pilota, su un picco delle montagne. A bordo c’erano 45 persone. Diciotto morirono subito nell’impatto che spezza in due la fusoliera. Altri undici persero la vita pochi giorni dopo per le ferite e per il freddo. Sedici sopravvissero. Fernando Parrado creduto morto, venne lasciato per tutta la notte all’aperto per poi scoprire il giorno dopo che era ancora vivo. Durante i primi giorni i sopravvissuti consumarono cioccolato, caramelle e biscotti che erano presenti a bordo dell’aereo e si dissetarono succhiando direttamente la neve. Dopo essersi accorti che questo provocava disturbi intestinali, l’acqua venne ricavata lasciandola sciogliere in lamiere di alluminio per incanalare il calore del sole. Altri otto dei sopravvissuti morirono la notte del 29 ottobre, quando una valanga travolse quel che rimaneva dell’aereo nella quale dormiva il gruppo.

Al termine della tormenta, Parrado, Canessa e Vizintin iniziarono il loro viaggio per raggiungere il Cile a piedi e chiedere soccorsi. Vizintin, come nel film, dovette ritornare alla carcassa dell’aereo poiché i viveri che si erano portati bastavano solo per due persone.

In un’intervista a Repubblica nel 2002 Parrado, interpretato da Ethan Hawke nel film, dichiarò:

“Avevamo una radio, quella dell’aereo, che funzionava solo in ricezione. Potevamo ascoltare ma non chiamare. La sera del 23 ottobre abbiamo sentito che a Montevideo avevano deciso di interrompere le ricerche. Eravamo ufficialmente morti. Ricordo che stavamo sdraiati in quel che restava della fusioliera per proteggerci dal freddo e che Fernando si alza e disse: “Ok, vado a mangiarmi il pilota”. In realtà  ci stavamo pensando tutti da giorni, ma nessuno aveva avuto il coraggio di rompere il tabù, di dirlo. Fernando e Roberto, che studiava medicina, uscirono e dopo qualche minuto tornarono con dei pezzetti finissimi di carne. All’inizio fu orribile, qualcuno si rifiutò di inghiottirli. Erano congelati.”

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L’INCONTRO CON IL GAUCHO EROE CHE NON E’ PRESENTE NEL FILM

Roberto Canessa e Fernando Parrado, intrapresero una marcia forzata di due settimane fino a valle, in Cile. L’incontro con il primo umano della loro spedizione (il contadino Sergio Catalan), sulle rive del fiume Azufre, non è riportato nel film e questo è stato uno dei punti più importanti di tutta la storia.. Raggiunto il corso d’acqua, Parrado e Canessa ne seguirono per alcuni giorni la riva sinistra, prima nella neve e poi, man mano che scendevano di quota, tra le rocce. Incontrarono i primi segni di presenza umana: i resti di una scatoletta di latta e poi, finalmente, alcune mucche al pascolo. Pur sapendo di essere ormai vicini alla salvezza, si fermarono, esausti e con Canessa che ormai non sembrava più in grado di proseguire. Quella sera, mentre riposavano sulla riva del fiume, a Parrado sembrò di scorgere in lontananza, al di là del Rio Azufre, un uomo a cavallo. Urlarono per richiamarne l’attenzione, ma l’uomo si allontanò dopo aver gridato qualcosa che non riuscirono a comprendere. Tuttavia, il giorno dopo videro tre uomini a cavallo che li guardavano sorpresi dall’altra parte del fiume; i due giovani tentarono di urlare chi erano ma, a causa del rumore dell’acqua del torrente, non riuscirono a farsi capire. Allora uno dei tre uomini, il mandriano Sergio Catalán, scrisse su un foglio di carta:

«Più tardi arriverà un uomo a incontrarvi. Cosa desiderate?»

Il mandriano arrotolò il biglietto attorno a un sasso e lo lanciò dall’altra parte del fiume. Parrado a sua volta vi scrisse con un rossetto da labbra il seguente messaggio:

«Vengo da un aereo caduto in montagna. Sono uruguaiano. Camminiamo da 10 giorni. Sull’aereo sono rimaste ferite 14 persone. Dobbiamo andarcene rapidamente da qui e non sappiamo come. Non abbiamo cibo. Siamo deboli. Quando ci cercheranno lassù? Per favore, non possiamo nemmeno camminare. Dove siamo?”»

Nando Parrado, sobreviviente de Los Andes, a 50 años de la tragedia: “Atravesamos las puertas invisibles de la muerte” - La Tercera

Catalàn non si perde d’animo e, dopo aver rassicurato i sopravvissuti e lanciato loro del pane, pensa subito a come poter raggiungere il più velocemente possibile un posto di polizia per far giungere dei soccorsi. Egli intraprende una lotta contro il tempo per giungere a Puente Negro e dare l’allarme. L’impresa non è affatto facile ma Catalàn fu molto caparbio. Impiegò dieci ore per giungere alla mèta, avvertì i carabineros, che a loro volta avvertirono il colonnello Morel, comandante del reggimento di truppe da montagna Colchagua (che era il nome della provincia) di stanza a San Fernando. Per tutti i sopravvissuti delle Ande Sergio Catalàn diventò, in futuro, semplicemente Papà Sergio.

Subito dopo partirono i soccorsi, il problema, una volta arrivati sul luogo del disastro, era come caricare i superstiti: la ripidità del pendio non consentiva l’atterraggio, i due elicotteri dovettero attendere in volo stazionario orizzontale e rasenti al suolo per il tempo necessario affinché una parte dei superstiti potesse salire a bordo. Non fu possibile portare in salvo tutti i quattordici sopravvissuti; alcuni alpinisti e un infermiere rimasero sul posto fino alla mattina seguente, quando vennero tutti raccolti da una seconda spedizione di soccorso. Furono tutti ricoverati ed alcuni persero addirittura 40 kg.

LE ALTRE DIFFERENZE CON IL FILM

L’ultimo fotogramma del film mostra una croce in cima a una montagna. Tuttavia, il sito commemorativo e la croce si trovano sul luogo dello schianto, in fondo al circo montuoso dove i sopravvissuti erano prigionieri, e non su una cresta sommitale. Nel film, per quanto sia molto attendibile, è stato omessa la controversia sociale relativa al consumo di salme avvenuta qualche anno dopo,  e tutta la fase del recupero che, come accennato prima, fu molto complicata.

Il disastro aereo delle Ande su Upgrade Your Mind