Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità.

Esordio alla regia per Donato Carrisi, scrittore italiano di fama, autore di diversi bestseller internazionali tra cui Il suggeritore (2009) e, appunto, La ragazza nella nebbia, la sua prima opera che ha voluto portare anche sul grande schermo, con un cast di tutto livello, comprendente Toni Servillo, Alessio Boni, Jean Reno, Lorenzo Richelmy, Micaela Crescon e Galatea Ranzi

Il risultato di questa trasposizione è quasi sorprendente, portando alla realizzazione di un giallo noir che ha davvero poco da invidiare ai thriller americani, inserendosi in una cornice assolutamente adatta ad un mercato europeo e transoceanico. Ottima scrittura, ottima ambientazione, ottima trama e ottimi attori. Ottimo tutto.

La ragazza nella nebbia è tipicamente un film di genere, che attinge – non copiando – a spunti dello stesso genere poliziesco/thriller/giallo (si ravvede un po’ di Twin Peaks nel paesaggio montano e soprattutto negli interni, come anche Fargo per i costumi) ma amalgamandoli in un prodotto, alla fine, originale e, ripetiamolo, fieramente italiano.

Ricordate che è il cattivo che fa la storia. Non sono gli eroi che determinano il successo di un’opera, è il male il vero motore di ogni racconto.

Il film si apre con la classica nota di mistero: in un piccolo paese sperduto di montagna, Avechot, in una notte di nebbia avviene uno strano incidente. Un uomo alla guida è incolume, ma i suoi vestiti sono sporchi di sangue. Si tratta dell’investigatore Vogel (Toni Servillo), portato in seguito dallo psichiatra del paese (Jean Reno) per cercare di capire quanto accaduto, non solo quella sera, ma anche mesi addietro, dato che Vogel si trovava ad Avechot per l’indagine di una sedicenne scomparsa, Anna Lou e mai più ritrovata. In un puzzle di storie che collega insegnanti, giornalisti stampa, confraternite, gatti e polizia, e in cui ogni inganno ne nasconde uno ancora peggiore, la soluzione del disegno sembra arrivare dinanzi agli occhi di Vogel, ma forse troppo tardi. 

La trama ti costringe a seguire un filo alternato da focus che cambiano da personaggio a personaggio, ma che mai fa calare la suspense. Ogni personaggio cattura, a partire dal duro investigatore di Toni Servillo, arrogante e dai modi poco ortodossi, al pacato professor Martini (Alessio Boni), padre e marito, fino al simpatico psichiatra Flores. L’indagine si districa anche con il complicato tema della stampa e dei media, avvoltoi e pronti a tutto per una notizia in casi di spessore come la scomparsa di una bambina e affascina anche per riflessioni sulla natura del male e sull’individuo. 

Uscito già in sala, ora che ci inoltriamo verso un clima più invernale, fatevi immergere dalle atmosfere della misteriosa Avechot e vedrete che ne rimarrete entusiasti.