Marco Carta ha condiviso a “La volta buona” uno dei capitoli più dolorosi della sua vita, tornando con la memoria all’infanzia segnata dall’assenza del padre. Marco ricorda di aver chiesto alla madre di conoscere il padre per la prima volta quando aveva sette anni. Un momento atteso con entusiasmo:
“Sono tornato a casa da scuola, mi sono sbrigato a mangiare, mi sono preparato perché volevo essere bello per lui. Lui non è venuto all’incontro però. Per me quel giorno è morto, io non l’ho mai perdonato. Secondo me non si è presentato perché era una persona molto egoista”
Due anni dopo, il padre morì realmente, ma la notizia non ebbe l’impatto che ci si sarebbe aspettato:
“Quando mamma me lo disse non mi fece effetto, perché per me era già morto. Da piccolo rosicavo quando i miei compagni raccontavano le gite al mare con i genitori. Io non avevo quella famiglia che raccontavano loro. Crescere con il rifiuto scatena nell’adolescente una serie di lati difettosi. Io li chiamo lacune. Si diventa lacunosi, mi facevo del male, mi davo la colpa”.
A crescere Marco Carta è stata la nonna Elsa, una presenza fondamentale:
“Lei è stata incredibile, una donna stupenda. Pensavo che la vita fosse in credito con me. Mi sarebbe piaciuto averla con me per un po’ più tempo e invece, anche qui, la malattia me l’ha portata via”
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