In un’intervista al Corriere della Sera, Rita Dalla Chiesa torna a parlare della notte che cambiò per sempre la sua esistenza: il 3 settembre 1982, quando suo padre, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, venne assassinato in via Carini insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Era distesa sul divano, guardando un film, quando ricevette una telefonata del compagno dell’epoca, caporedattore al Tg2:

“Mi disse: ‘Rita, andiamo a mangiare un gelato?. Senza dirmi niente, muto, zitto, e mi fece una carezza. Avevo capito tutto senza che nessuno mi avesse detto niente. L’unica cosa che non avevo capito è che se ne fosse andata anche Emanuela. È come se la mia vita si fosse fermata a quando avevo 35 anni. Abbiamo sempre vissuto con addosso un senso di precarietà infinito. Avevamo ricevuto parecchie minacce. La sera ci sentivamo e andavamo a letto pensando: anche per oggi è andata”

Da bambina, Rita ricorda soprattutto la sua difficoltà con la matematica:

“Se n’è andato senza riuscire a farmi capire che cinque per zero fa zero. Mi mise davanti cinque mele per spiegarmelo. Io rispondevo che erano sempre cinque”

In tv, ricorda con nostalgia la conduzione di “Parlamento In” e i vent’anni a “Forum”. Un rapporto finito male, per un fraintendimento:

“Mi era stata detta una cosa che non era vera. Sarei dovuta andare a Milano da Pier Silvio Berlusconi. È un rimpianto”.

Oggi il programma non riesce nemmeno a guardarlo:

“È come vedere mio marito con un’altra”.