Gianluca Vialli, ex bomber di Juventus e Sampdoria, è stato intervistato al Festival dello Sport della Gazzetta dello Sport, da Walter Veltroni, dove tra le tante altre cose rivela che «la Nazionale (di cui è capodelegazione, ndr) mi dà l’opportunità di fare quello che adesso voglio fare nella vita: ispirare le persone».

Vialli ha raccontato che, quella contro il cancro,

«Non l’ho mai considerata una battaglia, perché ho sempre pensato che il cancro è meglio tenerselo amico. L’ho sempre considerato un compagno di viaggio che avrei evitato. Adesso cercherò di farlo stancare, in modo che poi mi lasci proseguire, questo modo di intendere la vita mi è servito molto, perché se fai il calciatore impari la disciplina e quindi accetti certe cose che devono essere fatte durante la malattia, impari a non lamentarti. La vita è per il dieci per cento quello che ti accade e per il novanta quello che tu produci con intelligenza, passione, capacità di reazione».

Lo stesso ha poi continuato raccontando quello che provato nel momento della diagnosi:

«Il primo pensiero quando mi hanno detto della malattia? Ero talmente scioccato che non ho pensato alle possibili conseguenze. Ho voluto che mi dicessero esattamente quello che avrei dovuto fare. Operazione, chemio, radio. È come quando ti rompi un ginocchio, c’è un momento di choc e poi dici ok, va bene: la diagnosi qual è e qual è il periodo no? E cosa dovrò fare in quel periodo? Quindi l’ho vissuta con la testa dell’atleta. Dopo, quando ho cominciato a metabolizzare, , l’ho vista più da padre e da figlio e quindi è stata più dura. Molto più dura»