In un’intervista rilasciata a “Repubblica”, Bjorn Borg, l’ex tennista numero uno al mondo, è tornato a parlare della sua relazione storica con Loredana Bertè che l’avrebbe salvato dal periodo più difficile della sua vita:

“Le devo la vita. Mi trovò a letto incosciente, chiamò l’autoambulanza, all’ospedale mi fecero una lavanda gastrica. Nel 1982 ho provato la polvere bianca, poi ho aggiunto alcol e medicinali e giù coi cocktail. Li è iniziata la mia caduta: mi trascinavo nei night, mi stordivo con festini e non riuscivo a stare da solo. Ero depresso, avevo attacchi di panico e divorziai dalla mia prima moglie, poi mi misi con Jannike Bjorling e nacque il mio primo figlio Robin. Non ero un padre all’altezza”.

Poi ci fu la svolta, almeno per poco, dopo l’incontro con Loredana Bertè:

“Conobbi Loredana Bertè, mi trasferii a Milano, ma per me che lottavo contro droghe e farmaci quella città fu un disastro. Non è vero che nell’89 provai a suicidarmi, fu solo un momento di debolezza, un grido d’aiuto”.

La relazione con la rockstar italiana però, secondo Borg, non riuscì mai a decollare:

“Loredana voleva comprensibilmente un figlio, era mia moglie e aveva sei anni più di me, per lei andai a depositare un campione di sperma per l’inseminazione. Per salvarmi però, ho capito che dovevo fuggire da lei e da quell’ambiente. Per ripulirmi mi trasferii a Londra e ripresi ad allenarmi. Poi quando mi sono risposato, lei mi denunciò per bigamia e con quell’accusa non potevo più mettere piede in Italia, e comunque a Milano non ci sono più voluto tornare”.