C’è un legame netto tra una madre e il proprio figlio che nasce nelle prime settimane di gravidanza e che prende le forme del cordone ombelicale, quel tubicino che mette in comunicazione la placenta con il feto, permettendo la circolazione del sangue in quest’ultimo. Dopo il parto, il cordone si recide e smette di unire fisicamente bambino e madre. È da quel momento che si palesa e prende forma nella testa della mamma un altro tipo di vincolo con la propria creatura, sulla scia della simbiosi vissuta in quei nove mesi: un vincolo fatto di protezione e amore, come quando si protegge un fiore dall’essere calpestato. E quando si ama si ha paura, nascono ansie e preoccupazioni di ogni natura.

Il secondo episodio della quarta stagione di Black Mirror, diretto dalla poliedrica Jodie Foster, esplora proprio una forma estrema di controllo che una madre prova nei confronti della propria bambina, inserito nell’ormai noto e consueto universo super-tecnologico nel quale è ambientata la serie. 

 

Dopo uno spiacevole episodio avvenuto al parco giochi dove la mamma protagonista (Rosemarie DeWitt) perde di vista la sua bambina, la donna decide di far installare nella piccola Sara un microchip collegato ad un tablet che permette di monitorare tutto ciò che vedono i suoi occhi, quindi di rintracciare ovunque la bambina, ma anche di filtrare gli stimoli in cui si imbatte, offuscando tutto ciò che potrebbe spaventare, mettere in pericolo o turbare la mente innocente di Sara, che sarà priva di qualsiasi scena di violenza, sesso o sofferenza. La sua vita condizionata prosegue così, con un ‘parental control’ ai massimi livelli, fino al raggiungimento dell’età adolescenziale, dove si sa, nascono le curiosità più disparate e la voglia di andare oltre e sperimentare cose nuove. 

Ma a quanto pare l’iperprotettività di questa madre non accetta di correre nessun rischio e sfocia in una violazione completa dell’intimità della figlia, tradita e a cui vengono negate libertà troppo importanti, finché non si arriverà ad un punto inevitabile di rottura che porterà allo scontro tra le due.

La puntata porta avanti la sua drammaticità senza troppa pesantezza, puntando molto al racconto della storia, che, cresce al crescendo dell’età della figlia. Rimane una puntata carina da guardare, senza stravolgimenti e con un messaggio finale che di per sé non porta a grandi riflessioni, dato che è conoscenza universale che un eccessivo controllo e la negazione di libertà non possono far altro che essere nocivi, soprattutto con i figli. Ma il bello di Black Mirror è proprio il mostrare delle storie nelle quali questi problemi sono estremizzati ed episodi come Arkangel rafforzano le nostre consapevolezze.