Diretto da Luca Guadagnino
 con Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar e Esther Garrel

L’Italia torna agli Oscar dopo 20 anni da La vita è bella e lo fa grazie a Luca Guadagnino e il suo Chiamami col tuo nome (in inglese Call me by your name), che si è aggiudicato ben 4 nomination: miglior film, miglior sceneggiatura non originale (adattata da James Ivory), miglior attore per Timothée Chalamet e miglior canzone originale (Sufjan Stevens – Mistery of love).

 

Sinossi: È l’estate del 1983 nel nord dell’Italia, ed Elio Perlman (Timothée Chalamet), un precoce diciassettenne americano, vive nella villa di famiglia passando il tempo a trascrivere e suonare musica classica, leggere, fare bagni, girare in bici, godendosi l’estate come si faceva una volta. Elio ha un rapporto molto stretto con i genitori, due intellettuali ebrei, i quali gli danno modo di approfondire la sua cultura in un ambiente che trabocca di delizie naturali: suo padre (Michael Stuhlbarg) è un professore universitario specializzato nella cultura greco-romana e sua madre Annella (Amira Casar), una traduttrice. Mentre la sofisticazione e i doni intellettuali di Elio sono paragonabili a quelli di un adulto, permane in lui ancora un senso di innocenza e immaturità, in particolare riguardo alle questioni di cuore, che sta affrontando per la prima volta con la sua amica d’infanzia Marzia. Un giorno arriva Oliver (Armie Hammer), un affascinante studente americano di 24 anni, che il padre di Elio ospita per aiutarlo a completare la sua tesi di dottorato. In un ambiente splendido e soleggiato Elio e Oliver scoprono la bellezza della nascita del desiderio, nel corso di un’estate che cambierà per sempre le loro vite.

La storia tra Elio e Oliver che da oggi avremo modo di gustarci al cinema, prese forma, nel 2007 grazie all’omonimo libro scritto dall’americano André Aciman, riadattato poi in sceneggiatura da James Ivory. 

Alla scoperta di sé

Andando oltre ai preconcetti che una storia omosessuale purtroppo porta con sé ancora oggi, la cosa che emerge di più da questo film e che fa riflettere è che Chiamami col tuo nome è prima di tutto una storia sulla scoperta di sé, dei propri dubbi ed incertezze, sessuali e non, ma soprattutto la scoperta delle difficoltà di stare al mondo che qualunque diciassettenne – etero o omo che sia – ha provato almeno una volta nella vita. E questa pellicola lo fa con uno stile sontuoso, poetico e artistico che ritengo qualsiasi storia eterosessuale non sarebbe in grado di raggiungere. Chapeau a Timothée Chalamet e Armie Hammer che fanno un lavoro eccezionale, interpreti di due personaggi che si aggrappano l’uno all’altro andando a formare un tutt’uno.

Malinconia anni Ottanta

In Chiamami col tuo nome c’è tanta arte, natura, erotismo, musica (una colonna sonora che sembra nata dai gesti e dagli sguardi dei protagonisti) e sopratutto un’ambientazione così accurata di un’estate del 1983 che ti sembra quasi di stare lì e che per noi malinconici di quegli anni non può che suscitarci una cascata di ricordi. Bagni e tuffi al lago, biciclette, partite di pallavolo con campi delineati dai vestiti, disco dance all’aperto, sigarette, nascondigli custodi di amori e tanto altro. 

In un dialogo verso la fine del film tra Elio e il padre da vedere e rivedere un centinaio di volte tanta è la bellezza e l’intensità della scena, il padre di Elio ci dà la chiave di lettura di questa storia, ma anche una lezione di vita che ti lascia un velo di malinconia. 

“Soffochiamo così tanto di noi per guarire più in fretta che a trent’anni siam prosciugati e ogni volta che ricominciamo con qualcuno diamo sempre meno.”

Ci auguriamo tanto che il film riesca a vincere qualcosa agli Oscar; se così non fosse, rimane un piccolo gioiellino che porterà un po’ più in alto l’Italia, valorizzando doti cinematografiche che per fortuna riusciamo a far emergere anche noi nel modo giusto.