Il film

È il terzo film della saga Fantozziana uscito nel 1980. Rivediamo ovviamente il ragioner Ugo Fantozzi, personaggio creato e interpretato da Paolo Villaggio. Per la prima volta la regia, a cui collaborò lo stesso Villaggio, venne affidata al semi-esordiente, all’epoca, Neri Parenti, che avrebbe diretto in seguito altre sei pellicole della serie.

La trama

La vita del ragionier Fantozzi (Paolo Villaggio) rimane la stessa: ricca di sfortunati eventi. Insieme ai suoi colleghi si reca a Ortisei per la settimana bianca, ma essendo maggio la neve non c’è. Mentre gli altri si dedicano all’arrampicata su roccia, Fantozzi, che ha promesso alla moglie Pina (Milena Vukotic) di dimagrire almeno cinque chili sciando, decide di farsi ricoverare in una clinica dimagrante. Lì il prof. Birkermaier lo costringe a venti giorni di digiuno chiuso in una cella.
In seguito Pina gli dice che si è innamorata di un altro. Essendo la sua casa da un po’ di tempo fornitissima di pane, il ragioniere capisce che si tratta di Cecco (Diego Abatantuono), il panetterie sotto casa sua. Intanto nella Megaditta arriva un nuovo direttore, il visconte Cobram. Essendo un amante del ciclismo, il capo obbliga tutti i suoi sottoposti a prendere parte a un’estenuante gara in bicicletta. Le cose sembrano prendere una piega migliore quando il Conte Piermatteo Barambani Megalom invita Fantozzi e Filini a una crociera sulla sua barca: purtroppo si tratta solo di uno stratagemma per poter sfruttare i due poveri impiegati…

Cecco il fornaio

Elisabetta Villaggio, figlia di paolo e autrice del libro “Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio”, ha raccontato attraverso le pagine i tantissimi aneddoti legati al padre e non solo, anche approfondimenti sulla sua vita privata.

Ha raccontato anche come venne coinvolto Diego Abatantuono nel ruolo di Cecco il fornaio, riportando le parole proprio del comico milanese:

In realtà non lo dovevo fare io ma un altro attore: fu Villaggio a propormi dopo avermi visto in uno spettacolo. E così mi hanno preso subito, anche perché non è che eravamo a Hollywood, dove magari ci sarebbero stati cinquanta candidati per la parte. Tutti i comprimari erano attori che tuo padre conosceva da tanti anni, grandissimi professionisti che utilizzava molto spesso, e comunque gente alla mano. Io ero una via di mezzo, chiamato per fare quella cosa lì. Tutto ciò che dico nel film l’ho scritto io perché parole come sfilatino o splendida splendente facevano parte del mio repertorio. Ed erano perfette per un personaggio così orribile e volgare. La produzione, cioè tuo padre, me l’aveva descritto per sommi capi, spiegandomi che era un panettiere rozzo, una merda umana, e che la moglie di Fantozzi si sarebbe innamorata follemente di lui, al punto di riempirsi la casa di pane. Al resto ci ho pensato io.”