Attraverso le pagine della sua autobiografia, Dance & Love – La mia musica, la mia vita, Gabry Ponte si racconta. E’ un ritratto inedito che ne vien fuori, come anticipa “Vanity fair” e che parte dalla  morte della mamma quando era piccolissimo:

“Fa parte di quel tipo di eventi che cambia radicalmente il tuo modo di essere e ti segna in maniera indelebile. Quando sei piccolo, non capisci da cosa dipendano certi tuoi comportamenti, come l’essere aggressivo o introverso. Poi cresci e inizi a comprendere che tutto parte da lì e che non potrai mai superarlo, ma impari a conviverci”.

Lasciato da piccolo dopo l’incidente mortale della mamma, accanto a lui c’era il papà che lo ha cresciuto al meglio delle sue possibilità:

“Ha avuto un gran cuore e non ci ha fatto mancare nulla: dall’affetto a tutti gli sforzi quotidiani che richiede crescere due bambini, con un lavoro e un mutuo da pagare”.

Spazio anche alla carriera e alla storia con gil Eiffel 65 conclusa in maniera brusca. Gabry ricorda molto bene quel periodo:

“Ho imparato che non sei mai arrivato e che tutto potrebbe franarti sotto i piedi da un momento all’altro. In quel periodo, spesso mi dicevo: “ce l’hai fatta. Produci dischi di successo, lavori nella radio in cui hai sempre sognato, hai un gruppo. Ormai, ci siamo”… ecco, utilizzavo spesso la parola ormai”.

L’uscita dal gruppo l’ha vissuta come una vera e propria sconfitta:

“ma non perché qualcuno avesse vinto o io perso, ma semplicemente perché era finito qualcosa di bello, forte in cui sicuramente anche io ho le mie colpe. Però, questi sono i momenti che ti insegnano di più e che mi hanno dato una grande carica nel proseguire… quello che sono arrivato a fare dopo, come il concerto a San Siro, parte da lì”.