Gerry Scotti è stato intervistato dal Corriere alla vigilia della messa in onda del suo nuovo programma, Io Canto Generation, versione rinnovata del talent show per ragazzi. L’occasione è anche quella di festeggiare i 40 anni di carriera di Scotti, che dalla radio passò al mondo della televisione, come racconta lui.

«[…] Come mi stupivo che Io Canto fosse stato trascurato per 10 anni, non mi sono stupito quando me l’hanno riproposto. La mia prima reazione? Era ora».

1983-2023: 40 anni di carriera. Cosa si aspetta?

«All’azienda ho detto: potete scegliere tra un bell’orologio d’oro — sapendo che avrebbero rifiutato (aggiunge ridendo) — o La ruota della fortuna. Per me sarà l’occasione di una bellissima celebrazione in onda durante le feste di Natale».

Il suo quiz, «Caduta libera», soffre, anche per le troppe repliche che lo hanno inflazionato.

«È stato un programma abusato, troppe volte sono state prese e riprese le puntate più belle. È una formula che ho accettato e sposato durante le difficoltà del Covid. Ma so che per il mio investitore anche 2,5 milioni di spettatori sono numeri molto interessanti».

È un soldato di Mediaset?

«Mi sento un normale lavoratore dello spettacolo. Io sono lo specialista che chiamano per risolvere certe situazioni, se c’è un incendio cercano uno che lo sappia spegnere; non mi chiamano quando c’è da dare fuoco. Ma ne sono orgoglioso».

Lei è lo zio Gerry, la Rai ha la zia Mara. Sente un’affinità?

«Penso che in questo appellativo — oltre a una forte dose di bonarietà e popolanità, che va oltre la popolarità — ci sia una forte connotazione carnale. Siamo tondeggianti, abbondanti, abbraccianti, zii d’Italia perché trattiamo gli spettatori come nostri familiari o amici, abbiamo un approccio sempre sorridente, confidenziale. Sempre per rimanere al femminile trovo una sintonia anche con Antonella Clerici».