Chi conosce Giorgio Pasotti sa che, oltre ad essere un attore, è un grande appassionato di arti marziali e Wushu. Il suo amore per l’Oriente lo portò a visitare la Cina diverse volte, fino a decidere di trasferircisi per due anni, dal 1992 al 1994, quando ancora non era ventenne. In Cina studiò all’Università dello Sport quasi all’indomani della celebre rivoluzione di piazza Tienanmen. Lo stesso periodo ha segnato il suo debutto come attore, per tre diverse produzioni di Hong Kong, tra cui Treasure Hunt, in cui è un giovane americano che diventa un monaco del tempio di Shaolin e The Drunken Master III.

L’attore, che tra poco compirà 50 anni, ha parlato di quel periodo in una nuova intervista a Il Corriere.

Come arrivò alla Cina?

«Mio padre aveva un negozio di oggettistica orientale e conosceva un antiquario di Pechino che mi parlò di questa università, equivalente dell’Isef. Mi ci portò per un corso estivo a 14 anni. L’idea era frequentarlo per poi fare Medicina in Italia. Partii quando mi congedarono al militare per l’asma allergica, ero alpino assaltatore».

Cosa ricorda di quel periodo?

«Indossavano tutti la divisa di Mao Zedong, il libretto rosso in tasca, vedevi solo bici. Mangiavo in mensa, la mia stanza era un loculo due metri per tre. Sono stato privato di tante cose rispetto ai miei coetanei, ma eravamo contenti per il cambio di stagione, per una nevicata, cose così. Nell’approccio alle arti e ai miei mestieri ognuno faceva quel che gli piaceva».

La racconta come un paradiso delle libertà.

«Ho goduto di quel momento irripetibile, tre anni dopo la rivoluzione studentesca. Ho visto il primo universitario con una maglietta dei Kiss».

Lì la scritturarono per i primi tre film. Cosa fece con i soldi guadagnati?

«Viaggi. Ho girato il Sudest asiatico, Malesia, Thailandia, Vietnam, Singapore, Filippine».