Roberto Vecchioni è stato intervistato da Vanity Fair dove ha parlato della sua carriera. Una domanda dell’intervista è stata rivolto anche a suo figlio Arrigo scomparso lo scorso anno.

Nel libro racconta di quando vi hanno chiamato dall’ospedale per Arrigo, morto ad aprile. Mi aveva detto anni fa del suo essere bipolare, già allora si dava delle colpe. Lo pensa ancora quindi?
«Meno, negli ultimi anni gli sono stato più vicino. Ma quando è morto devo dire che il destino e la sua volontà coincidevano, non c’era altro modo. Il mondo non si è accorto della sua bellezza, lui non doveva accorgersi della bellezza del mondo perché per lui era brutto, e quindi la sua è una scelta che va rispettata».

 

Non c’è una parola per chi perde un figlio, come «orfano» per chi perde i genitori. Come mai?
«Perché è una cosa così brutta e orribile, che nemmeno i greci se la sono inventata. Comunque “orfano” va bene anche per i genitori. Anche se c’è una differenza. Sono sicuro che soffre di più una madre. Mia moglie Daria da dieci mesi si è persa, si è ammalata».

La fede l’ha aiutata dopo la morte di suo figlio Arrigo?
«Mi ha permesso di capire che, tra tutte le fini possibili, tra tutti i futuri possibili, nel disegno di Dio e del cosmo, quella era la fine meno faticosa, la più realizzabile».

fonte VANITY FAIR