Terence Hill è stato intervistato da Vanity Fair ed ha raccontato vai aneddoti della sua carriera tra cui il suo rapporto con Bud Spencer

C’è un film di quelli che ha girato con Bud del quale va particolarmente fiero? Al quale è più legato? Quello, diciamo, che le rimane più nel cuore? A tal proposito le capita mai di rivedere quei vostri film che hanno unito tante generazioni e che per tante generazioni hanno rappresentato metaforicamente la casa, la famiglia, i bei ricordi, un momento in cui eravamo davvero felici?


«Certamente Lo chiamavano Trinità è il film che mi è rimasto più nel cuore. Non solo perché fu visto in tutto il mondo ma anche perché fu una svolta nel mio essere. Feci il primo film a 12 anni: Vacanze col gangster, regia di Dino Risi, anche per lui il primo film. Continuai a lavorare, a fare film, ma non mi piaceva. Ero timido: prima di entrare in scena il cuore arrivava a 150 battiti, spesso mi veniva la febbre. Dovevo farlo, era anche positivo per la mia famiglia. Con Bud ci fu un grande cambiamento. Quando entravo in scena con lui, mi trasformavo. Non so come, ma veniva fuori il vero me di quando ero bambino, non quello represso degli anni seguenti. I film con Bud mi hanno liberato. E penso che sia stato così anche per lui».

Una volta Bud Spencer dichiarò che nonostante nei vostri film ci fossero sempre state delle straordinarie mangiate, delle altrettanto straordinarie bevute e tante tante botte, nella vita reale non vi siete mai sbronzati, né abbuffati, tanto meno picchiati. Su questa ultima non ho il minimo dubbio, anzi. Sulle prime due invece che mi dice, conferma? A tal proposito ci spiega con quanta fame dovevate arrivare per girare quelle scene in cui mangiavate con una foga senza eguali?

«Non ci siamo mai sbronzati, ma abbuffati sì. Bud sul set aveva una cuoca personale. Arrivato sul set, la prima cosa che Bud faceva era una lista dei cibi per pranzo che poi consegnava a Ida. La pasta però c’era sempre, era obbligatoria. Io pranzavo sempre con lui nella sua roulotte. Si lamentava che io mangiassi più di lui, ma che non ingrassassi. Per la scena in cui Trinità mangiava una grossa padella piena di fagioli, io digiunai per 36 ore. Affamato com’ero, me li mangiai tutti, inclusa la scarpetta. Quando il film uscì Enzo Barboni mi disse: “Sai perché questa scena piace tanto? Perché gli italiani hanno una fame atavica”».

 

FONTE VANITYFAIR