Intervistato da “La Stampa”, Antonello Venditti ha raccontato la sua adolescenza e quel senso di solitudine che lo ha sempre accompagnato sin da ragazzino:

“La musica è stata la mia compagna di vita. Sono stato un adolescente molto solo e bullizzato fino a 16 anni. Ero talmente complesso e complessato che ho rischiato il suicidio molte volte. Le canzoni sono nate da quel dolore, anche se a volte, prendi “Marta”, mi nascondevo dietro a un altro nome”.

Alla domanda su cosa prova quando un ragazzo bullizzato si toglie la vita, Venditti risponde:

“Eh, mi sento come mi sentivo allora, quando volevo morire. Devi essere molto forte dentro, credere in te stesso e credere in quello che sei, io sono convinto che si suicidano solo i giusti, quelli che hanno ragione. I colpevoli sono più furbi, magari tentano il suicidio ma poi sopravvivono. Ho molto rispetto per chi si suicida. Il suicidio è nella nostra natura, purtroppo, ma a volte basta una parola per continuare a vivere. Ecco perché c’è bisogno di amici, di una società che si interessi di te anche se sei piccolo. Ci vorrebbe un amico, sempre”.

E per quanto riguarda la Pandemia, Venditti crede che il nostro modo di vivere sia profondamente cambiato:

“Il senso di insicurezza che abbiamo vissuto in questo periodo lo metabolizzeremo con fatica. Io penso che indosserò sempre la mascherina nei luoghi affollati. Quello che mi impressiona di più sono le facce da mutanti, in continuo cambiamento, dei virologi e dei politici in tv, le polemiche infinite sui vaccini, sui richiami. La verità è non siamo in grado di fare previsioni. Anche per questo mi godo questi concerti, perché ho paura che potrebbe uscire qualcosa che ci impedirà di nuovo di vivere in pace.”