Dal 7 giugno è disponibile su Netflix Arnold, docu-serie in tre puntate della durata di un’ora ciascuna che raccontano l’uomo dietro il personaggio di Arnold Schwarzenegger. Nella prima puntata l’attore ripercorre il suo avvicinamento al body building raccontando la sua infanzia e la sua adolescenza vissute a Thal, in Austria, insieme alla sua famiglia.

Schwarzenegger aveva già accennato in altre occasioni al passato nazista di suo padre e nel documentario ne parla apertamente. Era un uomo duro, anche violento, di non esattamente amorevole. «Mio padre è rimasto tre sepolto sotto le macerie di un palazzo e per di più ha perso la guerra», racconta. «L’Austria era un paese di uomini finiti, sono tornati a casa distrutti. Credo ci siano stati momenti in cui papà ha davvero faticato ad andare avanti».

Nato due anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, il campione di body building ha un tono meno indulgente quando ricorda lo stile educativo opprimente del padre. Lo descrive come un «tiranno», che costringeva lui e suo fratello maggiore, Meinhard, a competere per «guadagnarsi la colazione». «Fummo testimoni di comportamenti schizofrenici in casa», ricorda Schwarzenegger. «A volte nostro padre era gentile, mentre a volte tornava a casa ubriaco e urlava alle tre del mattino. Ci svegliavamo di colpo, con le palpitazioni, sapevamo che in qualsiasi momento avrebbe potuto picchiare nostra madre o dare di matto. Siamo stati vittime di una strana violenza».

La morte del fratello

Dal minuto 51 circa della prima puntata Arnold racconta la tragica morte del fratello, avvenuta nel 1971 quando lui si trovava negli States,
nel pieno della fama di Mr. Universo. Il fratello morì in un incidente automobilistico sotto gli effetti dell’alcol. Si schiantò contro un palo. Nel parlarne, Schwarzenegger dà la colpa ai metodi educativi del padre: «era sempre stato il preferito della famiglia. Era un tipo artistico, molto intelligente. Ma penso che non sia mai stato felice. Credo che abbia iniziato a bere perché la nostra infanzia era stata dura. La brutalità che c’era in casa, le percosse che avevamo ricevuto dai nostri genitori, erano troppo per lui. Era una persona molto più delicata per natura». 

Per contrasto, Schwarzenegger sente che quel tipo di educazione lo ha rafforzato: «Nietzsche aveva ragione, quello che non ti uccide ti rende più forte. La cosa che ha distrutto mio fratello mi ha reso ciò che sono oggi».