Vi abbiamo già raccontato di come Neri Parenti e Aurelio De Laurentiis riuscirono ad ingaggiare un attore come Danny DeVito per il loro cinepanettone “Christmas in Love” (leggi qua per recuperare l’articolo), ma forse non sapete che durante le riprese ci furono diversi problemi con l’attore americano. 

Non era la prima volta che una star statunitense decidesse di prender parte a un cinepanettone italiano (pensiamo solo a Luke Perry in Vacanze di Natale ’95) ma con Danny De Vito, che aveva tante scene parlate, all’inizio non filò tutto liscio. Il motivo? La lingua. O meglio, la totale mancanza di conoscenza dell’inglese di Massimo Boldi. Ecco cosa ha raccontato Neri Parenti nel suo libro “Due palle… di Natale”:

«Mentre in vacanze di Natale 95 Massimo Boldi e Luke Perry dovevano recitare insieme in una sola scena dialogata, con Danny DeVito avrebbe dovuto parlare in molte scene ed erano anche dialoghi serrati e bellicosi, essendo i loro personaggi nemici. Era impossibile girare le scene, a meno che non avessimo trasformato il tutto in un in un film muto. Non avevamo grossi problemi nei campi e controcampi, in questo caso con l’ausilio di cartelli, cenni o suggerimenti era più semplice. E se i tempi di recitazione non erano perfetti, per ritardi ed esitazioni, si poteva risolvere tutto al montaggio. Ma quando erano tutti e due, Massimo e Danny, nella stessa inquadratura, erano guai. Boldi, non conoscendo l’inglese, non sapeva mai quando la battuta di De Vito si era conclusa, per lui era un flusso di consonanti e vocali, lo ascoltava come chi guarda passare l’acqua di un fiume. Dopo due secondi che ormai Danny taceva, Massimo capiva che toccava a lui. Stavo per impazzire, i ciak andavano avanti ed era sempre peggio, perché a volte, per non partire in ritardo, Massimo partiva in anticipo interrompendo Danny». 

Con un lampo di ingegno, Neri Parenti riuscì a trovare una soluzione e a portare a casa le scene. Ecco come:

«Non sapevo più che fare, quando vidi una corda e ideai la soluzione. Legammo la corda a una caviglia di Boldi, mentre io ne tenevo in mano l’altra estremità. Ogni volta che Danny De Vito stava per concludere la sua battuta, con un leggero anticipo sull’ultima parola, io tiravo la corda. Boldi sentiva quel colpetto sui piedi e attaccava a parlare perfettamente in sintonia, come se avesse capito tutto. Alla battuta successiva di De Vito ripetevo l’operazione. Fu una soluzione pratica che mi fece guadagnare la stima di Danny devito, che per quella trovata mi definì genius».