Francesco Baccini è stato intervistato da Repubblica dove ha raccontato le sue origini nel mondo della musica. Ecco un estratto:

La sua non è stata una gioventù semplice.

“Mia mamma aveva perso una bimba di 3 anni, prima di me. Era molto apprensiva, ancora di più dopo la morte di papà. Un giorno mi ha visto zoppicare, mi ha trascinato al San Martino e tanto ha insistito che mi hanno fatto un esame approfondito: epifisiolisi, un problema alla testa del femore. Sono rimasto un anno intero a letto, ne avevo 17, ingessato come una mummia. Sono aumentato 30 chili, perché lei e la nonna mi rimpinzavano. Ma ho ripreso a suonare il pianoforte. ‘Non vorrai mica fare il cantante?’, ha gridato, dalla cucina. Quasi per ripicca, ho scoperto che sapevo usare la voce. Per gioco, ho cominciato a scrivere canzoni”.

I primi concerti alla Panteca, in cima alla scalinata di via Balbi.

“Suonavo col cappello in testa, mi chiamavano Luigi perché assomigliavo a Tenco. Con le stesse canzoni, 5 anni dopo mi hanno dato la Targa Tenco. Al mattino lavoravo in porto: un anno da camallo, poi impiegato alla Fantozzi. Un giorno ho detto basta. Me ne sono andato a Milano, dormivo in auto come un barbone, senza neppure i soldi per la pizza. Ma al pianoforte avevo qualcosa dire: potevo raccontare una vita da schifo. Perché l’arte è una sublimazione di ciò che ti manca. Penso ai ragazzi che fanno musica oggi, cos’hanno da raccontare: che sono stati in vacanza?”.

È appena uscito il suo nuovo album, Archi e Frecce.

“È stato un po’ come tornare ai tempi in cui dormivo in auto, senza un centesimo: un disco come voglio a me. Nessuna complicità col pubblico: se piace, bene. Sono così, puro: un artista, non un artigiano che lavora su ordinazione”.

fonte REPUBBLICA