È stato definito da lui stesso uno dei film più “faticosi” e atipici della sua carriera. Parliamo de Il bambino e il poliziotto, la pellicola uscita nel 1989 diretta e interpretata da Carlo Verdone, alla sua nona fatica da regista dopo Compagni di scuola. Il film segna un leggero cambio di rotta per quanto riguarda il genere, che rimane nella commedia ma abbraccia tinte poliziesche e da giallo.

Verdone interpreta infatti Carlo Vinciguerra, un commissario di polizia che, in seguito ad un’indagine su un traffico di droga, arresta una giovane ex-tossicodipendente collegata ad un più ampio giro di criminali. La donna ha un figlio di sei anni, Giulio, un piccolo diavolo molto intelligente che non vuole finire in istituto. In seguito alle forti insistenze del piccolo, sarà il poliziotto a prendersene cura, accogliendolo in casa e modificando la sua vita in base alle abitudini del bambino.

Come raccontato tempo fa da Verdone in un post social, il film venne realizzato in un periodo non molto facile per lui, durante il quale si trovò ad affrontare un blocco creativo. Il merito di aver scritto la storia va ai suoi fedeli collaboratori Benvenuti e De Bernardi, che gli misero davanti una grande sfida. Le sue parole:

“Il bambino e il poliziotto” fu l’unico film che io non concepii in nulla: l’idea fu di Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, e anche gran parte della sceneggiatura fu loro.

Il 1989 fu un anno di instabilità per me: nonostante venissi da un bel successo con “Compagni di Scuola”, entrai in una sorta di smarrimento creativo. Soffrivo tanto di insonnia e non ero nelle condizioni di scrivere nulla, e allora Leo e Piero mi proposero una loro vecchia idea destinata a Comencini che era però rimasta nel cassetto. Per sbloccarmi la accettai e lasciai fare a loro.

È l’unica pellicola della mia carriera nata, nell’idea, non da me. Solo il semplice titolo fu mio, ma per me fu una bella esperienza anche quella di adattarmi ad un soggetto preesistente.
Lo considero una favola, spero riuscita bene, semplice e sentimentale.
Fu un film atipico per me, ma o lo facevo o sarei rimasto fermo per un anno. E ci misi tanto cuore e tanta fatica.
La pioggia ci flagellò per tutte le riprese esterne. E fu un dramma.
Ricordo che nell’assalto ai rapitori nella barca, illuminammo tutto il porto di Anzio: un diluvio violento ci fece scoppiare 5 lampade enormi ad effetto domino… fu un disastro, la sequenza durò ben tre notti. E fu sconfortante.
Alla fine ce la facemmo, e io e il direttore della fotografia Danilo Desideri mettemmo “Il Bambino e il poliziotto” fra i tre film più faticosi della nostra collaborazione.

Il Bambino e il Poliziotto: che fine ha fatto il piccolo Giulio?