Uno dei casi di cronaca più agghiaccianti, una escalation di rapine e omicidi che ha insanguinato l’Emilia Romagna e le Marche per sette lunghi anni, dal 1987 al 1994 e che ha sconvolto un’intera nazione. Ventiquattro omicidi e più di cento feriti, sette anni di indagini della polizia. La storia della Uno Bianca.

La Uno Bianca

Sette anni di rapine, morti, agguati di matrice razzista come quello al campo rom di Bologna, rapine a banche e uffici postali, supermercati e benzinai. Le prime azioni nel 1987: nel giro di due mesi 12 rapine ai caselli autostradali dell’A14. Il primo morto il sovrintendente Antonio Mosca: un autorivenditore aveva avvisato la polizia di un tentativo di estorsione. Mosca rimase ferito nel conflitto a fuoco e morì nel 1989. Il 4 gennaio 1991 l’assalto a una pattuglia dei carabinieri al quartiere Pilastro di Bologna: una strage in cui muoiono i militari Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini.

Il nome deriva dal modello di automobile, la Fiat Uno, utilizzato in alcune delle loro azioni criminali, in quanto piuttosto facile da rubare e di difficile identificazione data l’estrema diffusione in quel periodo.

Il 28 agosto 1991, a San Mauro Mare, uccisero due operai senegalesi e ne ferirono un terzo: non per rapina ma per razzismo. A inizio 1993 il ritrovamento del corpo di Massimiliano Valenti, 21 anni, che aveva assistito a un cambio automobile della banda dopo una rapina in banca. Il giovane fu sequestrato e ucciso in una sorta di esecuzione. In una rapina nel 1994 a essere ucciso, mentre apriva la filiale della Cassa di Risparmio di Pesaro, il direttore Ubaldo Paci. Per le sue azioni la banda usava delle Uno Bianche, spesso le bruciava a missione compiuta.

Dopo sette anni di omicidi e crimini vennero istituiti due pool di indagini, prima dalla Procura di Rimini e poi a Roma. Due poliziotti, l’ispettore Baglioni e il sovrintendente Costanza, cominciarono a sospettare di uomini in divisa all’interno della banda.

Il colpo di scena

La cosa che rende la sua vicenda un unicum nella storia del nostro Paese è il fatto che i suoi componenti fossero, tranne uno, tutti membri della polizia di Stato.
Capo indiscusso della banda fu Roberto Savi, all’epoca assistente capo della Questura di Bologna, presso la cui centrale operativa svolgeva il servizio di operatore radio.

Suoi complici furono i fratelli Fabio, artigiano ed autotrasportatore, e Alberto (detto Luca), poliziotto che prestava servizio presso la Questura di Rimini. Ai tre fratelli Savi, in momenti e con responsabilità diverse, si aggiunsero Pietro Gugliotta (operatore radio alla questura di Bologna), Marino Occhipinti (vice-sovrintendente della sezione narcotici della Squadra mobile della Questura di Bologna e consigliere provinciale del Sap – Sindacato autonomo di polizia) e Luca Vallicelli (all’epoca agente scelto presso la sezione Polizia Stradale di Cesena – CAPS).

Il 3 novembre 1994 Fabio Savi eseguì un sopralluogo presso una banca a Santa Giustina nel riminese, davanti alla quale si trovavano appostati (i due ispettori) Baglioni e Costanza. Savi giunse sul posto con una Fiat Tipo bianca, che però esibiva una targa irriconoscibile per la sporcizia. Questo destò la curiosità degli investigatori presenti sul posto, che confrontarono la fisionomia del conducente con quella rimasta impressa nei filmati ripresi nelle banche rapinate. Ne riscontrarono una vaga somiglianza e pertanto decisero di seguirlo. Fabio Savi li condusse infine presso la sua abitazione, a Poggio Torriana. Da questo momento, le indagini subirono uno sviluppo sempre più nitido, fino ad acclarare le responsabilità dei criminali, a cominciare dall’arresto di Roberto Savi.

Dopo gli arresti

I processi si conclusero il 6 marzo 1996, con la condanna all’ergastolo per i tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi e per Marino Occhipinti. Ventotto anni di carcere per Pietro Gugliotta, diminuiti poi a diciotto. Luca Vallicelli, componente minore della banda, patteggiò una pena di tre anni e otto mesi; venne inoltre stabilito che lo Stato italiano versasse ai parenti delle ventiquattro vittime, la somma complessiva di diciannove miliardi di lire.