Marvin Gaye, nel 1984, era uno dei musicisti soul più importanti di sempre e aveva appena pubblicato un album di grandissimo successo, “Midnight Love”, col quale si era riposizionato negli anni Ottanta dopo i suoi grandi successi di vent’anni prima; nonostante questo, gli anni precedenti non furono rose e fiori.

Gli ultimi anni difficili

Tra le relazioni di Marvin ci fu quella con Janis Hunter, una ragazza di appena 17 anni, con cui Gaye restò sposato fino al 1982. E non fu un matrimonio rose e fiori dato che la ragazza ricorda come il musicista si fosse acceso spesso in sprazzi di gelosia violenta, arrivando una volta a puntarle un coltello alla gola. Qui ritroviamo anche la coscienza di un uomo che probabilmente aveva assistito a episodi di violenza domestica verbale e fisica. Lo si descriveva come un latin lover, ma anche come un carnefice, soprattutto verso sé stesso. Sembra infatti che Gaye avesse tentato per tre volte il suicidio e che gli anni prima della sua morte, avvenuta nel 1984, fosse diventato paranoico, sfregiato da manie di persecuzione e perennemente accompagnato dalle sue guardie del corpo.

E la madrina di tale discordia fu in primo luogo la cocaina, di cui Gaye iniziò ad abusare in un profondo stato di depressione. La stessa che lo portò, nel 1983, dopo l’uscita del suo ultimo album, MIDNIGHT LOVE (1982), a tornare a vivere dai suoi genitori. Nella loro casa di Los Angeles, Gaye poteva sperare di trovare un rifugio, dopo diversi mesi passati in Europa per cercare di disintossicarsi e fuggire dai debiti da milioni di dollari con il fisco statunitense. Per il suo ultimo album, poi, aveva troncato qualsiasi rapporto con l’eterna Motown, passando alla Columbia Records. Poteva essere l’inizio di una nuova parentesi discografica, ma non fu così, nonostante l’album vendette 2 milioni di copie e vinse un Emmy Award.

Marvin Gaye morì il primo aprile 1984, un giorno prima del suo quarantacinquesimo compleanno: suo padre, Marvin Gay senior (il figlio aveva aggiunto una “e” al cognome di famiglia), gli sparò nel petto due volte dopo un litigio le cui ragioni ebbero probabilmente a che fare con la complessa relazione tra Gaye e suo padre, spesso geloso del successo del figlio, e col periodo di depressione, paranoia e dipendenza da droghe che Marvin Gaye stava passando.

L’omicidio

La mattina del primo di aprile del 1984 tra Marvin Gaye e suo padre ci fu un nuovo litigio. Marvin Gay senior stava urlando alla moglie Alberta, che si trovava in camera del figlio, accusandola di aver perso dei documenti importanti. Marvin Gaye si mise in mezzo ai due e spinse il padre settantenne fuori dalla stanza e fino alla camera dei genitori, dove il litigio continuò e dove Marvin Gaye picchiò il padre, prima che la madre li dividesse e lo riportasse in camera sua. Marvin Gay senior, allora, prese una Smith & Wesson calibro .38 che aveva ricevuto in regalo pochi mesi prima dal figlio, per Natale. Tornò in camera di suo figlio e gli sparò al petto da pochi metri di distanza. Poi si avvicinò e gli sparò di nuovo, a bruciapelo. Marvin Gaye fu portato in ospedale: i tentativi di rianimazione, tuttavia, furono inutili. Un minuto dopo la una di pomeriggio, due ore dopo che il padre gli aveva sparato, fu dichiarato morto. Come mostrò l’autopsia, il primo colpo, quello che uccise, gli aveva perforato cuore e polmoni.

Marvin Gay senior fu arrestato e accusato di omicidio preterintenzionale. Durante il processo si difese spiegando di aver agito per autodifesa: alla fine fu condannato a 6 anni di carcere con pena sospesa. Morì il 18 ottobre del 1998, 14 anni dopo suo figlio, in una casa di riposo in California, per le complicazioni di una polmonite.

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