Massimo Ranieri, ospite a “Verissimo”, racconta le sue umili origini e dell’amore per i suoi genitori che gli hanno trasmesso senso del sacrificio e lo hanno fatto rimanere con i piedi per terra anche quando il cantante e attore ha raggiunto il successo:

“Venivo da una famiglia povera, eravamo otto figli, ho iniziato a lavorare a sette anni. Mia madre era una mamma chioccia che si prendeva cura di noi otto. Anche da adulti non si poteva dire di no a mia mamma. Mio padre era un grande uomo. Grazie a lui sono rimasto con i piedi per terra, lui è rimasto operaio e con gli occhi mi faceva sempre capire che il successo poteva finire da un giorno all’altro. Con i soldi che ho guadagnato con Rose Rosse ho comprato loro la casa. Era giusto così.”

A proposito di “Rose Rosse”, il cantante racconta di come arrivo al cantagiro nel ’68:

“Nel ’68 mi chiama il mio ex produttore e mi chiede di andare in Casa Discografica, perché c’era un pezzo per me. Lo incidiamo, lo mandiamo a Milano e mi dicono che non andava bene, perché un ragazzo di 18 anni, non manda rose alla fidanzata. Viene bocciata la canzone. Il mio produttore, manda la stessa canzone ad alcuni miei colleghi che la bocciano. La canzone fa il giro di tutta Italia e torna a me. La incido, vado a SetteVoci, canto Rose rosse e torno a Roma. Mi dicono che tutto sommato, la cantavo bene. Vado a cantare Rose rosse in una trasmissione televisiva. Il lunedì successivo la mia casa discografica viene presa d’assalto dai rivenditori che volevano il disco. In un giorno, hanno venduto 170 mila dischi. Rose rosse credo abbia il record di vendite con 1 milione e 800 mila dischi. Vado al Cantagiro e lo vinco”.

Nella vita di Massimo Ranieri, però, nonostante il successo è sempre mancata una persona da amare, come lui stesso ammette:

“Ho sofferto, forse ho fatto soffrire e di questo mi duole molto. Io vivo e canto l’amore, per me è fondamentale. Mi hanno sempre mollato loro, forse perché noi uomini siamo un po’ vigliacchetti, non abbiamo il coraggio di dire che è finita. Non ci va di soffrire più di tanto. Non abbiamo la forza di dire no. Non sono mai arrivato vicino al matrimonio. In me c’è un Giovanni che è rimasto bambino, ha bisogno di coccole, amore. Io sono sposato con il lavoro. I miei ammiratori mi hanno subissato di affetto e amore. Poi, però, la cosa terribile è che quando torni in albergo sei solo. Mi manca una persona con cui condividere qualsiasi cosa”.