In un’intervista rilasciata a Francesca Fialdini nel programma pomeridiano della domenica, “Da Noi…a ruota libera”, Natasha Stefanenko ha raccontato della sua infanzia, vissuta in Russia, durante il regime sovietico, rivelando anche dei dettagli del tutto inediti del suo passato:

“Io sono nata nel pieno regime sovietico, ai tempi di Brest-Litovsk, una città segreta, infatti la città in cui abitavo non aveva un nome, perché per motivi militari, quasi per mezzo secolo, non esisteva sulla carta geografica. La città era circonda completamente da mura, dal filo spinato, dagli allarmi. Controllata costantemente dalle guardie. C’erano pochissimi varchi per entrare. Anche i cittadini sovietici, per entrare, dovevano procurarsi i documenti che erano quasi impossibili da ottenere. Noi cittadini potevamo entrare e uscire perché avevamo un pass. A tutti gli altri era proibito”.

Nonostante questo la showgirl racconta di aver vissuto un’infanzia serena:

“Per me da bambina questo posto era bellissimo, circondato da boschi fittissimi, vicino al lago, mi sentivo sicura stranamente, libera. Noi avevamo solo il numero per identificarci. Per me il mondo sembrava funzionasse così. In quegli anni eravamo nel mirino, ogni giorno accadeva qualcosa”.

Un’infanzia in cui le giornate a scuola erano segnate dalla repressione sovietica, che promuoveva un’ideologia anti-religiosa:

“A scuola ci dicevano che Dio non esisteva. Mia nonna Lidia mi ha insegnato che Dio esiste e che è dentro ognuno di noi. Mi sono battezzata a 40 anni grazie a lei. Con tanta pazienza mi ha insegnato, inoltre, l’arte della pazienza, perché lei diceva sempre: ‘Nessuno sa quanto hai messo, tutti vedono il risultato'”.