Adriano Panatta è stato intervistato dal Corriere della Sera dove ha risposto a un’intervista di Nicola Pietrangeli. Ecco le sue parole:

La trasferta in Cile, la maglietta rossa contro Pinochet, la Davis conquistata nel ‘76: i temi di un’esistenza.

«Io capisco che possa confondere, in quel contesto storico, un gesto politico per una sceneggiata: lo conosco. La maglia rossa non la capì nessuno, incluso Pietrangeli. Mimmo Calopresti ne fece un bel film. Capisco che possa inciampare nell’obbrobrio di mettere sullo stesso piano Allende e Pinochet: lo conosco. Dice che ho le gambette come Berrettini, vabbé. Avendo avuto 1400 donne sarà stanco però ha ancora la voglia di far sapere a tutti che è stato il più forte e il più bello. È arrivato il momento di dire a Nicola, con simpatia e senza giri di parole, che ha rotto i coglioni».

Come un fiume carsico sotterraneo scorre affetto, però.

«Massì, a Nicola gli si vuole bene, spero campi altri 90 anni però ha scocciato con questo modo di porsi. Il suo, più che affetto, sembra rancore. Non è mai stato tenero né con me né con i miei compagni di Davis: a me questo non piace. Io non ho mai messo in piazza le mie storie e i miei successi, parlo bene di tutti, soprattutto delle donne: è la mia legge. Ma come regalo per i 90 anni glielo dico: Nicola caro, sei stato il più figo però a un certo punto bisogna rendersi conto che verremo dimenticati».

L’ha invitata alla cena di gala, l’11 settembre al Circolo Canottieri Roma?

«Sì ma non andrò: non posso. Faremo una cosa insieme a Bologna con la squadra del ‘76, durante la Davis».

fonte CORRIERE