Frank Sheeran è un veterano della Seconda Guerra Mondiale e autista di camion quando incontra l’uomo del destino: Russell Bufalino, boss della mafia a Filadelfia, che vede in lui il tratto principale di un buon ufficiale: l’affidabilità. Le famiglie di Frank e Russell stringono un’amicizia che va al di là del business. Russell è così fiero di Frank che lo presenta a Jimmy Hoffa, il capo del sindacato dei camionisti. Hoffa è vulcanico e brillante, calcolatore e stratega, ma anche affettuoso e seducente. Frank non è immune al suo carisma e diventa il suo guardiaspalle, il suo consigliere e, forse, il suo miglior amico. Inizieremo cosi un viaggio con questi tre personaggi negli Stati Uniti di un tempo.

 

Con questa storia Martin Scorsese torna a fare il grande cinema che volevamo, con un film intitolato “The Irishman”. Il regista alla veneranda età di 76 anni mette tutto se stesso con una regia riconoscibilissima che non può non far piacere allo spettatore. Con un’ottima messa in scena, attraverseremo uno spaccato d’America con tutti i suoi retroscena politici e non. Tutto ciò che ci piace di un certo tipo di cinema (a chi non piace?) è qui: Scorsese narrerà la storia come Quei Bravi Ragazzi, con dei momenti iconici come Il Padrino, spiegherà la politica come The Wolf of Wall Street con i tempi di Casinò. I tre protagonisti, cioè Joe Pesci, De Niro e Al Pacino, formano un trio unico che reggerà l’intera durata del film. La storia per quanto raccontata bene, non ha niente di estremamente magnetico o coinvolgente, proprio per questo il cast e la regia sono ottimi: è più il come che è importante rispetto al cosa.
Nel profilo di De Niro ritroveremo un sunto di moltissimi suoi personaggi, compreso Noodles di C’era una volta in America, visti anche i continui passaggi da un decennio ad un altro, con a braccetto il tema della memoria, dei rimpianti e della nostalgia, proprio come nel film di Leone. Joe Pesci spiazzerà gli amanti del genere perché non lo ritroveremo per la terza volta nei panni del bassetto gangster testa calda, ma nel ruolo esattamente opposto: un calmo, seppur spietato, boss che fa da Mind Master nelle dinamiche criminali. Eccezionale. Sorprende perchè forse quello da cui ci si aspettava di meno, un Al Pacino ritrovato, con un personaggio che gli calza a pennello e che gli permetterà si di andare sopra le righe dove l’attore è maestro, ma anche di ritrovare certi momenti introspettivi che non gli vedevamo fare da un po: forse il migliore dei tre.

 

Il film per quello che racconta poteva durare una mezz’oretta di meno: scorre, non è affatto pesante, ma forse a volte gira un po’ troppo sugli stessi punti. Il colpo sorprendente sta nell’ultimo atto del film: ci si aspettava un crescendo nel finale, invece Scorsese per la prima volta tratta con la lente d’ingrandimento la vecchiaia di questi boss malavitosi, rallentando il ritmo. Eravamo abituati a vedere questi suoi personaggi scegliere con molta cura le cadillac, qui li vedremo scegliere le bare. La regia si poserà su temi quali colpa e redenzione (che piacciono molto al regista). Ci sarebbe tanto altro da dire su un film cosi lungo ma non vogliamo influenzarvi troppo: cosa vi aspetta ve l’abbiamo fatto capire, ora sta a voi tuffarvi dentro questo lungo, triste ed emozionante racconto. Ci teniamo a fare un’appunto: andateci quando uscirà al cinema (sarà in sala solo pochi giorni, ve lo spieghiamo QUI), perché questo è grande Cinema e il grande Cinema va visto al cinema.