Tinto Brass è stato intervistato dal Corriere.it dove ha raccontato alcuni suoi aneddoti della carriera e anche i suoi progetti futuri: ecco un estratto.

Pensa mai alla morte?

«In uno stato di assoluta impotenza fisica la morte può sembrare una liberazione e io sono giunto a quel punto. Ogni uomo ha diritto a una morte dignitosa e davanti a un corpo segnato da malattie incurabili o da una definitiva perdita di coscienza si ha diritto alla decisione finale».

Da Anna Galiena a Serena Grandi, da Claudia Koll a Stefania Sandrelli, Francesca Dellera, Silvana Mangano, Anna Ammirati e Debora Caprioglio, molte splendide donne sono state sue muse e hanno incarnato l’ideale erotico nei suoi film. La gratitudine è un sentimento che permea il mondo del cinema?

«La riconoscenza ha memoria breve. Si è ingrati all’insegna dei più impliciti rapporti di scambio nel mondo del cinema così come in ogni altro ambito professionale».

Se dovesse girare il suo ultimo capolavoro, quale attrice incarnerebbe oggi i suoi canoni di sensualità?

«Sarò ripetitivo, ma la donna che oggi mi ispira è Caterina. Lei incarna la protagonista di “Ziva. L’isola che non c’è”, il mio film più annunciato e mai realizzato, ma anche di “A sangue caldo”, la storia che rievoca lo scandalo dei marchesi Anna e Camillo Casati Stampa di Soncino, di “Vertigini” e di altri lavori che ho scritto o revisionato negli ultimi anni».

C’è qualcosa a cui ripensa con rammarico?

«Nell’arco della mia carriera ci sono state altre due grosse occasioni mancate, ma per un errore di valutazione del produttore, Dino De Laurentiis: “Rambo” e “9 settimane e ½”».