Cesare Cremonini ha rilasciato una lunga intervista al Corriere.it dove ha ricordato la sua carriera appena maggiorenne con i Lunapop più altri aneddoti relativi alla sua vita artistica. Uno di questi riguarda proprio i suoi 19 anni quando era famoso per il brano Special insieme ai suoi compagni di avventura. 

Cosa significa diventare un divo a 19 anni?
«Violavamo tutte le regole dello spettacolo. Entravamo nei camerini altrui a rubare la biancheria intima delle star per regalarla agli amici. Organizzavamo feste invitando le ragazze incontrate per strada. Non vidi mio padre e mia madre per due anni. Fu la scoperta del sesso. E dell’Italia, della sua immensa provincia. Il bassista, Nicola “Ballo” Balestri, era minorenne e non poteva andare alle serate promozionali senza l’autorizzazione dei genitori; una sera si gettò dalla finestra di casa con l’ombrello, come Mary Poppins. Finì in ospedale».

È vero che sulla carta di identità, alla voce professione, lei fece scrivere «clown?».
«Il successo può indebolirti: ingelosisce chi ti ama, spesso rende peggiore chi ti circonda. Solo un pagliaccio poteva sopravvivere a un cambiamento così grande. Per questo mi colorai i capelli di rosso».

È vero che da ragazzino aveva pensato di fare il prete?
«Proprio il prete no, ma mi piaceva intrattenermi nel confessionale. Ogni settimana ci portavano a confessarci. I miei amici sbuffavano, stavano cinque minuti, mentivano, e se ne andavano. Io restavo per ore: “Don Giulio, può essere che io sia stato chiamato da Dio?”. Alla fine il sacerdote era esausto».

Dopo il successo viene il momento in cui, come scrive, «la follia nella linfa dei tuoi avi prende il sopravvento».
«È una patologia ossessiva. Una faglia nel Dna, una palla incandescente che ci passiamo di mano in mano: a qualcuno tocca, a qualcuno no. Ma non voglio parlare di loro. Non si uccidono i morti».