Ospite dell’ultima puntata de “Le Iene”, Cristina D’Avena è stata protagonista di un monologo incentrato sul pregiudizio che per molti anni ha interessato la sua musica:

“Fin da bambina ho sempre cantato, a tre anni e mezzo ero allo Zecchino d’oro con ‘Il Valzer del moscerino’. A 17 anni ho cantato la mia prima sigla, ‘Bambino Pinocchio’. Doveva essere un esperimento ma la mia voce piacque e così con “La canzone dei Puffi’, che fu un grande successo, è iniziata una favola fatta di concerti di telefilm, di sigle. Kiss Me Licia, Pollon, Mila e Shiro, Occhi di gatto, le conoscete tutte e proprio ora so che avete quelle note in testa. Io le ho sempre cantate con orgoglio”.

Peccato però che con il passare degli anni, e una carriera incentrata sempre sulle sigle dei cartoni animati, alcuni addetti ai lavori l’abbiano in qualche modo snobbata:

“Ad un certo punto della mia carriera ho avvertito che molti amici, colleghi, conoscenze del settore consideravano la mia una musica di serie B e sentivo bisbigliare: ‘Ah Cristina è quella che canta per i bambini, no, no, no… non può fare di più’. E mentre nessuno scommetteva più su di me, lo ammetto, per un momento mi ha fatto pure male ma ho capito che chi stava veramente scommettendo su me stessa ero proprio io. Ho cantato le mie canzoni con ancora più forza e convinzione e so di non aver mai tradito il mio pubblico”.

Dopo 40 anni di carriera, la D’Avena afferma con orgoglio:

“Oggi posso dirlo, ho vinto io, le canzoni per bambini le ho portate a Sanremo, le ho portate nel tempo, ho avuto il riconoscimento che aspettavo. Non c’è nulla di cui vergognarsi a tornare bambini, ai miei concerti sono tutti felici di stare lì e in contemporanea in un altro tempo, il tempo dell’infanzia, dove tutto in quell’attimo è quasi magia”.