Den Harrow è stato intervistato dal Corriere della Sera dove ha raccontato alcuni aneddoti della sua carriera tra cui gli inizi. Ecco un estratto:

La musica è una traiettoria che arriva per caso.

«Da brutto anatroccolo mi ero trasformato in un bel ragazzino e avevo cominciato a frequentare una discoteca a Milano; ero un fan di Renato Zero e mi vestivo in modo eccentrico. Ero il belloccio del club, non pagavo né all’ingresso né al bar. Quando ballavo intorno a me la gente si metteva in cerchio a guardare, tipo Febbre del sabato sera, un film che all’epoca mi fece impazzire. Infatti volevo fare il ballerino, ma un giorno mi chiesero se volevo fare il cantante: c’era un disco già pronto, già cantato».

In che senso già cantato?

«Negli Anni 80 funzionava così, c’erano personaggi che prestavano solo l’immagine e la voce era di altri. Era la prassi, io avevo 19 anni e mi dissero che mi sarei chiamato Den Harrow: era un gioco di assonanze con denaro».

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Lei era l’uomo-immagine di una canzone…

«Per di più dislessico. Immagini la fatica che facevo a imparare il playback. Mad Desire fece un milione di copie, per Future Brain dovevo fare solo una tappa al Festivalbar, ma le feci tutte e vinsi tra i giovani. Tra l’86 e il 90 ero tra i primi cinque cantanti d’Europa piu popolari tra le teenager, con Simon Le Bon, George Michael, Prince e Billy Idol. Con Don’t Break My Heart rimasi in classifica due anni in Germania, il disco fece 3,5 milioni di copie».

Che vita faceva?

«In una settimana prendevo 10 aerei, ho passato la mia gioventù in volo e in hotel. E poi ero frustrato, mi sentivo di prendere per il culo la gente. E non ero tranquillo, fare un buon playback era uno stress emotivo continuo, ma nessuno si era mai accorto di nulla. A quel punto avevo 30 anni e circa 13 miliardi di lire in banca (ho venduto 20 milioni di dischi)».

FONTE CORRIERE