Ospite di Serena Autieri nella trasmissione “Dedicato”, Francesco Pannofino ha raccontato un fatto che lo ha accompagnato per tutti questi anni. All’età di 20 anni, l’attore nato in Liguria ma cresciuto a Roma, ha assistito indirettamente al rapimento di Aldo Moro:

“Era il 1978, avevo 20 anni e abitavo in via Fani. Quella mattina mi si è rotto il motorino, per questo stavo andando a piedi alla fermata dell’autobus. Mi sono fermato in edicola a comprare un giornale, quando è partita una raffica di colpi.”

Il doppiatore rivela anche di non aver capito subito ciò che realmente fosse successo:

“Mi sono riparato, lì per lì sembra quasi un film, non ti rendi conto. Fu un evento clamoroso. Da allora ho letto tanti libri e visto film sull’accaduto, per conoscere tutti i punti di vista. Secondo me la verità completa non è ancora uscita”

Pannofino si è soffermato sui momenti cruciali della sua carriera nel mondo del cinema:

“Per fare un determinato lavoro bisogna esserci portati. Nello specifico, per fare cinema e teatro bisogna avere talento,  farlo con semplicità. Nel mio caso me ne sono accorto da piccolo, quando inizi a vedere che se c’è una poesia la fanno leggere a te, una lettera e la fanno leggere a te, a chiesa fai il chirichetto e il prete fa leggere te. A forza di leggere… Poi gli spettacolini a scuola… Chi ha talento, prima o poi, esce secondo me, con studio, preparazione e fortuna!”

Così ha iniziato a lavorare nel mondo del cinema nonostante i suoi genitori fossero disorientati:

“I miei genitori erano perplessi, però quel periodo era caratterizzato dall’avvento delle Tv private e quindi c’era spazio per chi aveva voglia e talento. Quindi hanno visto che dopo un po’ guadagnavo più di mio padre… Lui non era molto espansivo con le parole, ci ha insegnato il rigore, l’onestà”.