Gianluca Grignani, nel corso di un’intervista su Rolling Stone Italia, torna a parlare de “La fabbrica di plastica” del 1996, e del successo mancato dell’album rispetto a “Destinazione Paradiso”. A proposito di quest’ultimo, il cantautore rivela:

“…Era un album bellissimo, ma c’erano solo tre, quattro pezzi che mi piacevano: Primo treno per Marte, Falco a metà, Destinazione paradiso, Tanto tempo fa, forse anche Come fai?. E La mia storia tra le dita, che però era già una canzone di tutti, non era neanche più mia”.

E poi continua:

“Forse non accettavo nemmeno di essere un artista. Mi ricordo i primi segni della popolarità, la gente mi riconosceva al benzinaio e io pensavo ‘ma che ca**o vuoi?’. E un po’ forse sono ancora così. Ero un ragazzino e tutte le persone che mi circondavano cercano di ricavare il massimo da me. Loro tiravano da una parte, io dall’altra”.

(Clicca qui per leggere Grignani: “Volevano sfruttarmi al massimo”)

E a proposito del periodo “rock’n roll”, dichiara:

“È arrivata dopo Destinazione paradiso, quando ho voluto capire che cos’era il rock’n’roll. Mi sono buttato a capofitto in droghe, donne, viaggi, follie. Ma non con la Mercedes e l’autista, ma girando il mondo. Quello che veniva veniva. Sì, qualche volta mi trattavo bene, quando mi ricordavo che avevo i soldi in banca, ma l’unica cosa che mi importava era andare”.

Grignani prosegue:

“Quando sono stato in Sud America a fare promozione quelle della casa discografica erano per lo più donne e si innamoravano di me. In ogni Paese la stessa cosa: Perù, Messico…”. 

E poi aggiunge:

“Ho toccato il fondo di alcune cose. Ma neanche troppo: il fondo non esiste se sai scavare bene”.

Fonte: Rolling Stone Italia