Nella lunga intervista rilasciata a Il Corriere, Gino Paoli ha parlato del suo legame con Luigi Tenco.

Si disse che lei si era sparato perché aveva scoperto la storia tra Tenco e Stefania Sandrelli.
«Quello accadde dopo. Luigi mi telefonò: “Sono a letto con Stefania”. La presi malissimo e ruppi con entrambi. Se non l’avessi fatto, lui sarebbe ancora vivo. Quella sua telefonata non nasceva da una vanteria maschile, ma da un senso di protezione. Tenco era legatissimo alla mia prima moglie, Anna. Era il suo modo di dirmi che Stefania non era la donna giusta per me».

Com’era Tenco?
«Lui e io ci siamo fatti l’immagine di poeti maledetti perché nei locali, anziché corteggiare le ragazze, ci mettevamo in un angolo immusoniti e tenebrosi, alla James Dean, con il pugno sulla tempia, così (Gino Paoli per un attimo diventa Tenco immusonito). Così le ragazze arrivavano. Non ho mai corteggiato una donna; erano loro a venire da me».

In realtà?
«In realtà Luigi Tenco era un gigantesco cazzone. Divertentissimo. Adorava gli scherzi».

Quali scherzi?
«Il suo preferito era quello della cravatta: si avvicinava sorridendo, ti poggiava una mano sulla spalla, ti faceva parlare, e intanto con le forbici ti tagliava la cravatta. Una volta, dopo aver visto un film su un suicidio, rifacemmo la scena madre su un tetto di Genova: io fingevo di volermi gettare di sotto, lui di trattenermi. Dovemmo smettere perché si era creata una folla in attesa…».

Che idea si è fatto della morte di Tenco?
«Un colpo di teatro non riuscito. Come se avesse voluto imitare me: spararsi, e restare vivo. Andava molto una droga arrivata dalla Svezia, il Pronox, che ti dava un senso di sdoppiamento, come se non fossi più responsabile di te stesso… Appena arrivò la notizia mi precipitai a Sanremo. Il festival andava fermato; e se fossi stato in gara sarei riuscito a fermarlo.