«Eh, certo che il treno è sempre il treno, eh?». Il Pavia-Mortara passa alle cinque meno dieci, 5 minuti di fisiologico ritardo, e il macchinista suona quattro volte. Seduto su una seggiola impagliata, fra centinaia di fan coi cappelli e le bretelle da contadino, Renato Pozzetto saluta il trenino vuoto d’un pigro sabato pomeriggio e con lui tutti gli altri.

 

Arrivati da tutta Italia, qualcuno anche dall’estero, per celebrare il 22 settembre (data fatidica in cui l’Artemio fissò le nozze impossibili con l’Angela) e una vita passata a guardare un solo film, sempre quello, «Il ragazzo di campagna», anno 1984. Il Pozzetto Fan Club si è dato appuntamento ed è arrivato puntuale, più del treno. Per visitare la casa natale dell’Artemio, il protagonista del film-culto impersonato da Renato, quindi l’immaginario Borgo Tre Case frazione di Borgo Dieci Case, Carbonara al Ticino, la Bassa lomellina, la casa del cieco che vedeva i film porno e poi il binario dove Renato il campagnolo passava le giornate ad aspettare l’unica cosa eccitante della sua vita bucolica, il passaggio della locomotiva.

 

«Grande Renato!», ha gridato la piccola folla coi piedi nelle risaie del Pavese. Pozzetto s’è prestato a ogni selfie, ha salutato il treno, ha giocato con le battute del film. «Eh, certo che il treno..»”. Eh, ha mormorato qualcuno seduto dietro Pozzetto a guardare le Trenord passavano, eh, certo che Renato è sempre Renato…