Ieri a Torino si è tenuta la presentazione stampa del nuovo documentario Noi ce la siamo Cavata che riunisce tutti gli interpreti dello storico film Io Speriamo che me la Cavo.

Fuori Concorso al 40° Torino Film Festival, Noi ce la siamo cavata di Giuseppe Marco Albano (vincitore tra gli altri di due David di Donatello con i cortometraggi Stand by me e Thriller e del premio Premio Massimo Troisi per il miglior documentario comico) racconta  in modo affettuoso e divertente, tra ricordi e interviste ai protagonisti, le vite di quei giovanissimi attori che trent’anni fa furono i protagonisti di Io speriamo che me la cavocult cinematografico della grande regista Lina Wertmüller, tratto dall’omonimo best seller di Marcello D’Orta.

Adriano Pantaleo, oggi attore di successo che nel film interpretò Vincenzino, si è messo alla guida di uno scuola-bus per ritrovare i suoi ex compagni della terza B della scuola elementare di Corzano, dove il maestro genovese Marco Sperelli (Paolo Villaggio) venne trasferito per errore. Il racconto delle vite di quei ragazzini, che il grande successo di pubblico all’epoca ha reso famosi in tutta Italia, diventa l’occasione per far rivivere ricordi e scoprire se “anche loro se la sono cavata”. Per alcuni la vita non ha avuto un andamento lineare, ma tutti quei piccoli attori selezionati dopo migliaia di provini, e che oggi sono madri e padri, alla fine hanno trovato la propria strada e non hanno mai dimenticato quell’esperienza incredibile.

Io speriamo che me la cavo, Elisabetta Villaggio: “Tra papà e i bambini c’era molto affetto, finite le riprese andarono tutti a trovarlo a Roma”

ADRIANO PANTALEO: “CI ASPETTAVAMO FANTOZZI, INVECE ABBIAMO TROVATO SUL SET UN GRAN PROFESSIONISTA”

In conferenza stampa Adriano Pantaleo ha ricordato le emozioni del film originale:

“Di Paolo Villaggio ho tanti ricordi, ci aspettavamo di incontrare Fantozzi sul set, invece abbiamo trovato un grande professionista. Sono cresciuto con una nostra foto appesa sopra il letto: c’era Paolo, con un cappottone, sotto il quale spuntavano due gambine: erano le mie. Mi aveva avvolto per proteggermi dal freddo.”