È un J-Ax senza filtri quello che si racconta nell’ultima puntata della seconda stagione del podcast di Luca Casadei “One More Time”. Nell’intervista il poliedrico artista ripercorre la sua storia, partendo dalla sua infanzia nelle strade di Milano:

“Da piccolo ho sofferto di mutismo selettivo a causa dei bulli, in provincia sembrava di essere in Stranger Things. Ma per me Milano è stata una città inclusiva”.

E poi gli inizi nella musica:

“Iniziai il percorso musicale con un amico, avevamo creato il progetto Bombe in Stereo. Facevamo schifo. Poi iniziai una carriera come PR in discoteca, incominciando a fare rap sulle canzoni messe dai dj. Il pubblico era ostile, volevano l’house. Poi nel locale Amnesy, sotto la direzione di Joe T Vannelli, conobbi il dj Vladimiro, fratello di Dj Jad. Da lì è partito tutto”.

Ad un certo punto, però, per un flop dell’album “Di sana pianta”, si trovò a cantare in una sagra di paese e poi, la droga:

“Di sana pianta, un disco ad alto budget in cui credevano tutti: giornalisti, casa discografica, produttori. Una previsione di vendita di oltre trecentomila copie, alla fine ne abbiamo vendute solo trentamila. La casa discografica mi disse ‘non vogliamo più sentir parlare di te’, mi mandarono a fare i concerti nelle sagre di paese. Iniziai a drogarmi come un pazzo, stetti malissimo”.

Infine sul rapporto con Fedez il rapper svela:

”Io odio il conflitto, faccio finta che vada tutto bene e poi tronco di netto. Il mio terapista l’ha definita come una sindrome dell’agente segreto. Con Fedez avevo innanzitutto un’affinità artistica, ci ha unito anche l’amore per il punk rock. È uno che vuole spaccare il sistema. Ho provato a fare l’imprenditore con lui, però non fa per me. Pensavo di farcela, ma avere dipendenti mi ha tolto la serenità”.