La polemica sui ruoli di personaggi italiani interpretati da stranieri sollevata da Pierfrancesco Favino ha generato grande fermento in tutto il mondo del cinema e tra gli addetti ai lavori. Sulla questione dice la sua anche Luca Barbareschi, a Venezia per presentare due film:

“Mi fa piacere che Favino, che stimo, ci sia arrivato, e che altri lo sostengano, son contento. Ci arrivano sempre sei mesi o un anno dopo, ora finalmente si svegliano tutti. Ma io c’ero già arrivato da tempo, per primo”

Ai microfoni dell’Adnkronos, l’attore, regista e produttore, rotagonista al Lido di Venezia fuori concorso con il suo “The Penitent”, sottolinea di aver già affrontato il tema con lo stesso Favino:

“Avevo parlato con lui del problema della narrazione italiana, dell’identità italiana, delle aziende italiane. È una battaglia fondamentale, perché siamo rimasti in pochi ad essere veramente italiani. Io qui sto vedendo dei film imbarazzanti in inglese. C’è un problema di identità. Ci sono degli spagnoli che pensano che basti dire ‘hey you, passami la pasta’ per interpretare un italiano”.

Il personaggio che Barbareschi interpreta nel film che presenta oggi alla Mostra:

recita in inglese, ma è uno psicanalista argentino che usa la lingua del posto in cui vive, New York. E questo ha un senso. Ma se io faccio Dante Alighieri, o racconto qualcosa della struttura, dell’architrave narrativa italiana, allora no, non è accettabile. Ci impongono strutture narrative, ormai l’algoritmo sceglie l’attore a seconda del gradimento della piattaforma. Ma l’algoritmo è stupido. La vogliamo smettere o continuiamo a farci prendere per il culo?”.