Lo scorso venerdì al Sundance Film Festival è stato proiettato il docu-film “Leaving Neverland”, che ha scaturito un vero e proprio polverone negli USA. Il documentario tratta di presunti abusi sessuali subiti da due uomini, all’epoca dei fatti minorenni, da parte di Michael Jackson. Diretto da Dan Reed, “Leaving Neverland” racconta attraverso le testimonianze esplicite dei due uomini (Wade Robson e James Safechuck) e dei loro familiari le presunte violenze sessuali che questi avrebbero subito all’interno del ranch di Neverland di Jackson, quando avevano rispettivamente 7 e 10 anni.  A garantire la sicurezza fuori dalla sala c’era perfino una pattuglia di agenti con cani anti-bomba, mentre un team di psicologi era a disposizione degli spettatori più sensibili.

La proiezione del film è stata accolta con una standing ovation degli spettatori in sala mentre fuori dal cinema alcuni fan di Jackson hanno duramente contestato il regista e i due uomini, accusandoli di aver infamato il nome del Re del Pop, mentendo. Ricordiamo che Micheal Jackson subì un processo in seguito a tali accuse, alla fine del quale fu assolto pienamente.

A dieci anni dalla sua morte, si riapre una brutta pagina della carriera e vita del Re del Pop e la sua famiglia è sul piede di guerra. “Leaving Neverland è quel genere di massacro da tabloid che Michael Jackson ha sopportato in vita e che ora gli tocca anche dopo la morte. Il film prende accuse non confermate legate a cose che presumibilmente sono accadute 20 anni fa e le tratta come fatti” ha scritto la famiglia in una dichiarazione inviata a Rolling Stone. “Siamo estremamente solidali con qualsiasi vittima di abuso sui minori. Questo film, tuttavia, rende a queste vittime un disservizio”, ha dichiarato la famiglia. “Ora che Michael non è più qui per difendersi, Robson, Safechuck e i loro avvocati continuano a sforzarsi per avere notorietà e denaro, diffamandolo con le stesse accuse per le quali una giuria lo aveva giudicato innocente quando era vivo”.