Il comico Paolo Rossi è stato intervistato dal Corriere.it dove ha avuto modo di raccontare alcuni aneddoti della sua carriera e anche di svelare i suoi progetti futuri. Ecco un piccolo estratto:

Scrive che il ministro Franceschini non ha attenzione per la cultura…
«Lui privilegia i musei e non gli attori ma è giusto, perché le statue non devono pagare il mutuo e non rompono i coglioni, quindi ha ragione».

Davvero l’hanno scambiata per Nino d’Angelo?
«Sì. Un tassista a Milano: l’ho vista come attore, lasci perdere. È come cantante che… Ho tutti i suoi dischi. Poi non so se è andata proprio come l’ho raccontata, la vera opera d’arte è la vita che ti costruisci. Teatralizzare, drammatizzare, affabulare, non mi ricordo quali sono le spezie che ho aggiunto: quando si accarezza la verità, la bugia aiuta a renderla più reale».

Il politicamente corretto è la morte della comicità?
«È una posizione ricattatoria, io sono scorrettissimo, ma è come per la censura: non mi lamento e trovo il modo di aggirarla. Ho fatto uno spettacolo in cui c’erano degli attori africani, arriva uno e mi rimprovera: però gli hai fatto fare la parte dei neri…».

Ha l’aria di essere ateo, ma se Dio esistesse?
«Non sono ateo, sono spirituale, penso che Dio sia l’insieme di tutti i morti. I morti in realtà è gente che non muore, ma che se ne va: il problema è che non lascia detto dove».

L’incubo ricorrente?
«Niente di psicanalitico, niente di freudiano, nessun archetipo junghiano: il mio incubo sono valigie per la tournée. Ho disseminato l’Italia di calzini e libri».