I programmi TV anni 80 hanno tutti un filo conduttore, un file rouge che va ricercato nella situazione sociale dell’epoca. Si usciva dagli anni di piombo, in cui la paura e la morte avevano preso il potere in Italia. Le persone erano stufe di tutto questo e volevano solo una cosa: divertirsi.

Lo intuì un allora giovane e rampante Silvio Berlusconi ma anche una serie di illuminati dirigenti Rai che seguirono la strada aperta da Mediaset (allora Fininvest) contribuendo ad alzare l’asticella della qualità. Di successi di ascolti ce ne furono molti ma questi sono il simbolo di come funzionava la televisione negli anni 80:

  • Drive In, inventato da Antonio Ricci per Italia 1 fu una vera e propria fucina di talenti comici. Sfornò nomi come Ezio Greggio, Gianfranco D’Angelo, Sergio Vastano e la coppia Gaspare & Zuzzurro. Si segnala anche la chicca di un esordiente Giorgio Faletti che poi dimostrò al paese di essere “qualcosa” di più prima a Sanremo con “Minchia Signor Tenente” e poi nelle librerie col suo exploit nella narrativa noir;
  • Indietro tutta, fu un vero e propio miracolo della Rai. Guidata dal dream-team Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, si formò una generazione di comici di altissimo livello simboleggiata da Nino Frassica, ancora in auge (e in gran forma) nella trasmissione di Fabio Fazio. Le canzonette divertenti e le ragazze del Cacao Meravigliao furono imitate dalle Alpi agli Appennini;
  • Il pranzo è servito, nota anche come la trasmissione dei bambini con la febbre perché la si vedeva quando si saltava scuola per malattia, era una creatura deliziosa di Corrado. La sigla iniziale è diventata un culto del nostro immaginario collettivo e il gioco a premi con le pietanze ha fatto da nave scuola alla cultura dell’alimentazione poi esplosa quasi vent’anni dopo;
  • Giochi senza frontiere, ovvero ruba bandiere con gli amici del mondo. Questo titolo fu di punta per anni a viale Mazzini grazie alla trovata di far giocare a mò di bimbi delle elementari squadre da tutto il mondo, risvegliando un po’ di sana competizione in tutti noi ma, soprattutto, un po’ di voglia di amare il nostro paese.