Carlo Verdone ha appena pubblicato un libro, “La carezza della memoria” (edito da Bompiani) che nasce da uno scatolone dimenticato in un armadio pieno di foto e appunti e ritrovato durante il lockdown. «Dietro c’era un racconto, qualcosa da dire. Tanti episodi li avevo rimossi». In un’intervista sul Corriere.it l’attore romano ha voluto raccontare qualcosa in più che è presente nel ritratto autobiografico a partire dai suoi esordi. Ecco un piccolo estratto:

C’è una sua foto con Nuti e Troisi.
«La fece Alberto Sordi. Eravamo a un premio, siamo stati il terremoto della commedia, gli uomini nei nostri film sono fragili e non più rimorchiatori seriali, le donne da oggetto diventano forti. Mi spiace tanto che Francesco non stia bene e Massimo non ci sia più. Sono rimasto io, magari avremmo potuto lavorare insieme, mi sento orfano».

Ci sono ritratti femminili potenti nel libro.
«Una scelta casuale, non mi sono messo a dire: facciamo il ritratto di donne. Il loro è un pianeta interessantissimo. La terrorista incontrata in treno, la malata terminale… Sulla giovane prostituta acqua e sapone che incontrai da ragazzo, a cui mostrai Roma in Lambretta e in seguito ebbe due gemelli, si potrebbe trarre un film. De Laurentiis ha acquistato i diritti cinematografici del libro».

 

Chi è stato il primo a credere in lei, a parte Sergio Leone?
«Umberto Smaila. Era un ragazzo spiritoso che tirava su il morale a tutti, non sentiva invidie o gelosie. Fu il mio antidepressivo a Torino (all’epoca grigia e un po’ cadente), dove facevamo Non Stop, il programma Rai che mi lanciò. Poco dopo a Siena debuttai a teatro, Umberto era in sala e non lo sapevo. Mi disse: ho visto un grande attore. L’abbracciai. Avevo trent’anni».