Gli anni ’80 oggi più che mai fanno gola in ogni settore: la Moda con il ritorno prepotente dei Jeans a vita alta, nella musica con i Synth, nella televisione con il ritorno di programmi di quarant’anni fa. Ebbene si, 40. Ovviamente se il cinema (ed ormai le serie tv) è lo specchio della società, non potevamo non ritrovarci investiti da questo ritorno di fiamma anche sul grande schermo. E allora via di sequel non richiesti, reboot non graditi, prequel inutili. Tutto a base anni ’80.

 

Certo, qualche eccezione c’è (vedesi i sequel di Mad Max o Blade Runner) ma la maggior parte sono tutte operazioni nostalgia fatte per vendere, e mai sfruttate a dovere. Con le serie tv le influenze di quel decennio le possiamo trovare in molti prodotti, uno su tutti ovviamente Stranger Things che ha fatto un po da apripista. Il problema di queste serie è proprio il loro voler essere a tutti i costi retrò. Vedremo cosi riferimenti anni ’80 ovunque: colonna sonora, scenografia, luci, costumi, citazioni. Cosi i più vecchi o più affezionati potranno dire “Aaah ma allora è proprio anni 80 questa cosaaa“. Ed ecco li che valuti un prodotto non dalla sostanza ma dalla forma. Giochetto che forse forse negli ultimi mesi comincia a non fare più presa sul grande pubblico, ma è ancora presto per dirlo.
Comunque, tornando a noi. Tante sono state le delusioni, che ci hanno portato su e poi ci hanno lasciato cadere.
Poi arriva Cobra Kai e ci sentiamo tutti meglio.

 

Per chi non lo sapesse, Cobra Kai è il sequel in formato serie tv di Karate Kid.
Perchè questa serie è meglio di tanti altri sequel di cult anni ’80? Prima di tutto perchè c’è una stramaledettissima idea, che fa tutta la differenza del mondo (presa praticamente da How I Met Your Mother, ma questa è un’altra storia). Non ci si accontenta di rivedere i protagonisti invecchiati interagire tra loro. C’è una storia da raccontare, anzi, un punto di vista. Cobra Kai infatti narra il continuo della storia dal punto di vista del cattivo. Si tratta di Johnny Lawrence, il biondo che si scontra con LaRusso nel primo film della saga e che si becca il colpo della Gru in faccia.
Precisiamo: la storia non racconta come il cattivo diventa buono ma semplicemente come prosegue la vita attraverso i suoi occhi, con le sue paure, sogni, ed esigenze.

Johnny infondo si vede fregare la ragazza dal nuovo sbruffoncello arrivato in città, che non fa altro che dargli fastidio (come la scena del bagno), che si fa proteggere da un maestro di Karate e che in finale lo batte con un colpo illegale. E la serie ha la grande forza di farti credere in questo, ribaltando cosi l’idea che abbiamo avuto per quarant’anni di quella vicenda. Johnny è si vittima, ma non per questo verrà delineato nella serie come “buono”. Già solo con questo concetto la serie parte più avanti rispetto ad altre operazioni simili. Poi però una serie tv va sviluppata con altri episodi, cosa ci inventiamo? Senza spoilerare, Cobra Kai crea due binari paralleli dove da un lato seguiamo la nuova storia fatta di nuovi ragazzi e dall’altro continuiamo a seguire l’eterna rivalità tra LaRusso e Johnny. 

La narrazione scorre senza difficoltà e senza passi falsi o a vuoto, rendendo la visione perfetta per vederla tutta in un fiato (28 minuti in media a puntata), arrivando ad un epilogo della prima stagione ricco di emozioni ed eventi che anticipavano, ancora prima del rinnovo ufficiale dello show per una seconda stagione, la volontà di non porre fine al racconto. E in questi 10 episodi della prima stagione, la serie gestisce quasi perfettamente ogni riferimento al passato. Con la seconda stagione il prodotto riesce a bissare, non con la brillantezza totale della prima, ma comunque rimane su i propri standard. Importante dire che non vedrete una sfilata che passa attraverso i ricordi solo per il fanservice. Ogni citazione ai film vecchi viene reinserita nel modo giusto al momento giusto, con uno scopo. Cobra Kai ci fa notare che esistono sempre più sfaccettature della stessa storia. La serie è comunque un po prevedibile ma questo non ne fa un vero difetto. È prevedibile perchè segue dinamiche veramente anni ’80, rendendola cosi una serie più retrò di quanto lo possa essere Stranger Things. Comunque c’è da dire che in molti momenti si rivela anche piuttosto spietata in alcune azioni o si presenta con delle battute scorrette di questi tempi. Bene cosi. A livello di forma, coreografie a parte, Cobra Kai non brilla tantissimo: si vede la mano di Youtube (è stata la prima casa di produzione, ora è passata nelle mani di Netflix e che Dio ce la mandi buona). Sembra una web serie a tutti gli effetti, con una fotografia non particolarmente ricercata.

 

Comunque, tornando al punto, la serie trova il modo di andare oltre l’effetto nostalgia per proporre un approccio moderno alle stesse tematiche alla base dei film con una struttura che si ramifica in più direzioni con lo scopo di ampliare la narrazione. “Non esistono cattivi studenti, solo cattivi maestri”: questo è il centro di Cobra Kai. Ora non vediamo l’ora di mettere le mani sulla terza stagione. Cobra Kai dimostra che con un’idea forte, prendere spunto da questi benedetti anni ’80 è tutt’altro che un male: si può citare il passato, tenere dei fili conduttori con esso, ma allo stesso tempo si può andare avanti creando nuove storie e nuovi punti di vista. Così si spreme un cult anni 80, così.