In una lunga intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, Gabriele Salvatores rievoca la vittoria agli Oscar nel 1992, il successivo incontro surreale in bagno con il regista di Lanterne rosse, Zhang Yimou e racconta il suo rapporto con Diego Abatantuono:

“Abatantuono è più di un amico, è un parente. Ha un talento enorme che non coltiva. Un po’ per una sua naturale pigrizia, un po’ perché è stato bollato come il terrunciello dei film. Ha presenza, carisma, sarebbe un meraviglioso Re Lear. Quando vinsi l’Oscar ero già fidanzato con la sua ex moglie, Rita. Lo raggiungo in una saletta con l’Oscar quando vediamo una porta che si apre e una donna che corre inseguita dalla security; è Rita e io e Diego urliamo insieme: ‘no, no, lasciate passare, è mia moglie, è nostra moglie…”

A proposito dell’Oscar, vinto nel 1992 con Mediterraneo, il regista rivela:

“Il favorito era Lanterne Rosse di Zhang Yimou, e anche io ero convinto che lo avrebbero premiato. È un film bellissimo, ancora adesso non capisco come sia possibile che abbia vinto io. Di quella sera ricordo diversi momenti, come la faccia di Warren Beatty in prima fila che mi fissava e l’incontro con Zhang Yimou in bagno. Io sono con l’Oscar in mano perché te lo consegnano senza nemmeno una scatola,lui sta sommessamente piangendo; ne è nato un dialogo dove io quasi mi scusavo e lui non capiva; poi lui ha guardato l’Oscar e mi ha detto qualcosa che per fortuna non ho capito”.

Infine una riflessione sull’ambito premio:

“L’Oscar non è un microchip che ti infili in testa e diventi più bravo; quando lo vinci sei esattamente come prima, ma sia gli spettatori sia gli addetti ai lavori si aspettano da te qualcosa di speciale. Però io non volevo entrare in competizione con me stesso. E forse anche per questo, per smitizzarlo, a lungo ha tenuto la statuetta in bagno, poi in ufficio. Adesso ci ho fatto pace e fa da reggi-libri a una serie di libri sul cinema”.