A pochi passi dall’attesa puntata numero 200, grande successo per Tintoria eccezionalmente da Genova: davanti alla platea sold out del Teatro Sant’Agostino, Stefano Rapone e Daniele Tinti hanno chiacchierato per quasi due ore con un’icona della musica italiana, il primo “grande saggio” della storia di Tintoria: Gino Paoli, online da oggi martedì 6 febbraio, all’avvio del Festival di Sanremo.

Ed è di questo e di molto altro che si è parlato. “No, non guardo Sanremo (…) Una volta era il Festival della canzone, non era neanche importante chi la cantasse, poi le case discografiche si sono accorte del potere rituale per l’Italia e adesso fanno il prodotto finito sperando che abbia una promozione. Da lì la tv si accorge che lo spettacolo di Sanremo funziona, arriva non solo in Italia ma anche fuori, e allora si appropria di Sanremo e lo fa diventare lo squallido spettacolo che è adesso”.

Il cantautore si è soffermato anche sul Festival del 1967, quello tristemente celebre per la morte di Luigi Tenco. «Dalla era nella stanza di fianco, è stato uno dei primi che se n’è accorto, che ha sentito. E, dopo, aveva la canzone che si chiamava “Bisogna saper perdere”. Se c’ero io, a Sanremo si fermava tutto perché se in un’officina o in una fabbrica muore un operaio, si ferma tutto. Noi facevamo un mestiere e il mestiere va rispettato». Paoli ha ripercorso con i due comici la sua incredibile vita e carriera, che ha raccontato nel suo libro autobiografico “Cosa farò da grande” (scritto con Daniele Bresciani e edito Bompiani): dal suo essere diventato un cantante suo malgrado, al suo rapporto con gli animali “meglio degli esseri umani di certo”, all’infinita serie di aneddoti sui più grandi protagonisti della storia della musica italiana.

Su Tenco racconta di come in realtà fosse una persona divertente a cui piaceva molto fare scherzi, tra cui quello di tagliare la cravatta a sconosciuti, e uno un po’ più pesante: “Si prendeva un giornale, lo si metteva per terra, e ci si c****a sopra, poi…”.