Stasera andrà in onda Il Divin Codino, biopic su Roberto Baggio. Il film è uscito su Netflix lo scorso anno a maggio e il grande calciatore è interpretato da Andrea Aarcangeli.

TRAMA

Partendo dagli esordi nelle fila del Lanerossi Vicenza e passando dal controverso calcio di rigore della Finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia-Brasile, il film ripercorre la vita di Baggio, dal suo difficile debutto come professionista fino all’addio ai campi.Una carriera lunga 22 anni che, attraverso gli infortuni, il rapporto di amore-odio con i suoi tifosi, le incomprensioni con alcuni dei suoi allenatori e il rapporto con la sua famiglia, racconta i grandi successi sul campo di un calciatore fenomenale.

ROBERTO BAGGIO: “LA MANCATA CONVOCAZIONE AL MONDIALE DEL 2002 UNA DELUSIONE TROPPO GRANDE”

A margine della presentazione Roberto Baggio rilasciò un’intervista su Netflix a Giorgio Terruzzi ripercorrendo una delle carriere più belle della storia del calcio italiano. Uno speciale che ha attraversato la vita del campione raccontandoci alcuni tra i suoi momenti più intimi, alternati a ricostruzioni di diversi ospiti vicini al Divin Codino e alle dichiarazioni dei protagonisti del film. Ecco un estratto:

“Soffro di due nodi, due pesi, che ancora mi porta addosso. Il primo è quello del 94, che alla fine sarà mio compagno in eternità. È stata talmente grande la tristezza di quella cosa lì che non passa mai. E il secondo è quello di non aver partecipato al mondiale del 2002 in Giappone”.

A Sky invece l’ex Pallone d’Oro nel 2019 commentava così la sua esclusione dall’ultimo Mondiale della sua carriera:

“A volte prima di andare a dormire ancora ci penso. La mancata convocazione nel 2002 è stata un’altra delusione profonda, simile a quella di Pasadena, e forse per questo ora vivo lontano dal calcio. Per una volta faccio la figura del presuntuoso, ma avrei meritato la convocazione a quel Mondiale. In me c’era tanta voglia di riscatto proprio per quel rigore calciato alto nel ’94. Ho avuto un’operazione e sono tornato dopo 77 giorni in campo. Meritavo di andarci anche solo senza giocare, a parte che avrei giocato…”.