Rufetto e Nello non ne combinano una giusta: a 50 anni non hanno né un lavoro né una casa, anche perché sono appena usciti di prigione dopo aver scontato quattro anni per una rapina andata a male, tanto per cambiare. Ma la lezione non sembra essere servita poiché Rufino cerca di organizzare un nuovo colpo, e non uno normale, uno che consenta ai due amici di svoltare e compiere finalmente “il grande salto”. Sua moglie Anna e suo figlio Luca invece vorrebbero solo fare una vita normale e poter lasciare la casa dei genitori di lei, che detestano Rufino considerandolo un fannullone portatore di guai. Del resto sembra che siano i guai a cercare Rufino e Nello, tant’è che quest’ultimo si convince che il loro karma sia particolarmente infausto. Rufetto e Nello sono la versione aggiornata e accordata ai nostri tempi dei Soliti ignoti, magari anche dei Mandrake e Pomata di Febbre da cavallo, ma rispetto a quei personaggi – e a quegli anni comunque lontani, e a quella Roma così diversa – provano un tormento e un’ansia che prima non c’era, che era in qualche modo inconcepibile. Perché, allora, potevi comunque essere povero, sfigato e sconfitto, ma alla fine un barlume di speranza lo portavi dentro sempre, il pensiero che il futuro sarebbe stato migliore del presente non ti abbandonava mai davvero.

Oggi, invece, non è così. E l’ottimismo di Rufetto e di Nello è evidentemente solo di facciata: lo sanno benissimo che questa Roma non offre più speranze. L’unica è la fuga.  Tirabassi dimostra di aver rubato con gli occhi il lavoro dei grandi con cui è cresciuto, (dai Citti a Gigi Proietti, ma anche il più recente Gaetanaccio teatrale sulla scia di Magni) un cinema che ha assorbito ma non completamente interiorizzato, poiché i limiti di questo film, che inizia con una mezz’ora strepitosa e poi si perde un po’ lungo la strada, sono la tensione imperfetta del ritmo comico, che andava accordato come una racchetta da tennis, e l’indecisione sul tono da prendere, che è cosa diversa dalla capacità di fare surfing attraverso generi diversi. Così dalla commedia farsesca si passa al grottesco e al surreale per proseguire nel melodramma, senza prendere una decisione su quale metro assestarsi. Anche quando sbaglia però, è capace di suscitare l’ ammirazione per il coraggio, facendoti scordare, in parte, i difetti.
Aspettiamo Giorgio Tirabassi di nuovo al cinema, con un suo secondo film: Il Grande Salto è riuscito, nonostante gli ostacoli.