Leonardo Pieraccioni è stato intervistato dal Corriere.it in vista del suo nuovo film, Il Sesso degli Angeli, che uscirà a metà aprile. L’attore ha raccontato alcuni aneddoti della sua vita e carriera. ecco un estratto:

E’ la prima volta che non esce sotto Natale.

«La speranza è che per aprile si esca da questa emergenza, e che si abbia voglia di festeggiare il passato pericolo. Ora è diventato un evento andare al cinema. Se mi avessero detto arrivano gli alieni o la pandemia, avrei creduto agli alieni. Una volta mi chiedevo: quanto farò io rispetto a Rambo o Christian De Sica? Oggi non mi pongo nemmeno la domanda. Ma ogni volta che inizio a scrivere mi dico: voglio fare il film più comico dell’universo. E la voglia di fare spettacolo è immutata».

Questo che film è?

«E’ sul dubbio e sulla redenzione. Si fa il cinema in cui si è in quel momento. Sono finite le età dei Pierini e le sindromi da Peter Pan. Certi meccanismi comici non li puoi più ripetere. Il ciclone incassò 78 miliardi di lire, i film hanno loro codici e leggi. Ho provato a uscirne, quando feci il western con David Bowie e Harvey Keitel (in un primo tempo volevamo Abatantuono e Mastroianni) pensai ora mi daranno il Nobel altro che Oscar. Invece andò male. Noi attori fai da te ci rapportiamo al primo Troisi che si cuciva addosso le storie».

Se le nominiamo Sordi e Benigni?

«I produttori quando facevi tanti soldi ti regalavano un orologio o un’auto. Io a Cecchi Gori chiesi di incontrare Sordi. Mi chiese l’età e mi disse: alla tua età giravo dieci film all’anno. Benigni l’ho visto a un ristorante, era da solo, in penombra sul retro. Gli ho detto: Maestro, fammi un film da schiantarmi dal ridere. E lui: fosse facile».

I mancati riconoscimenti?

«Presi due David per Il ciclone. Come attore mi cercarono registi importanti, rito antico, da Pasolini e Totò in avanti. Poi scatta il momento in cui cerco la battuta sul copione, e se non la trovo…E’ la maledizione dei guitti e dei cabarettisti».